Il suo nome è Robert Paulson

Febbraio 2024
Il suo nome è Robert Paulson

“ Il suo nome è Robert Paulson “ è la battuta tratta dalla penna di Chuck Palahniuk nel libro Fight Club, diventato poi un film cult, che racchiude in sé molte riflessioni e metafore che ruotano attorno al tema della coerenza (questa sconosciuta!), e dei pericolosi cambi di paradigma quando passano dal singolo al collettivo, o forse meglio dire al branco.

Per capire tutto questo ovviamente è necessario almeno vedere il film, ma proverò a snocciolare in grande sintesi cosa penso. Nel corso della storia raccontata, un gruppo di persone aggregate attorno al loro leader Jack(?)/Tyler, dotato di buona creatività ma con qualche problema di identità, e di quella che qualcuno chiamerebbe disturbo bipolare, si trova nella scomoda situazione di dover prendere atto di avere fatto una cazzata che è costata la vita (qui metafora) a Bob , un amico di sedute di terapia collettiva, che era diventato un membro del cosiddetto “Fight Club” e che viene successivamente arruolato nell’evoluzione degenerata e sovversiva del club divenuto “Progetto Mayhem”. Di fronte alla presa di coscienza collettiva che durante una delle azioni degli attivisti del progetto un membro ci ha lasciato le penne, ed alla falsa sofferenza dello stesso protagonista leader, più preoccupato delle conseguenze pratiche e potenzialmente virali che andrebbero ad inabilitare il potenziale del progetto, ecco che l’evento della morte di Bob diventa un buon pretesto di mistificazione e di glorificazione da celebrare. Nominarne quindi nome e cognome, anziché il diminutivo Bob è metafora che corrisponde all’attribuirgli il valore vero solo ora, riconoscendogli la reale identità. È l’unico modo per dargli gloria, soltanto post mortem, poiché il proprio ego non lo consentiva prima, magari anche in considerazione di alcuni difetti legati alla forma, e forse anche perché il soprannome serviva benissimo ad una attività non del tutto raccontabile, serviva per la complicità ma non era mai stata una piena attribuzione di valore fino ad allora.

Non conosco le intenzioni vere di Palahniuk nella stesura del libro ma a me questo passaggio del racconto ha ricordato molto quanto fatto dai nazisti quando decisero di usare come pretesto l’episodio controverso dell’attentato condotto il 7 novembre a Parigi dal diciassettenne ebreo polacco Herschel Grynszpan ai danni del diplomatico tedesco Ernst Eduard com Rath per scatenare nei giorni successivi l’odioso evento spartiacque e delirante dei “Pogrom del novembre 1938” poi rinominati “Notte dei cristalli del Reich”. É un espediente usato più volte nella storia dei popoli, sembra ci sia un vero e proprio metodo di lavoro propagandistico codificato. Proprio così, un’idea mal riposta sommata a oscure intenzioni, quando trova un nuovo nome genera sempre una licenza nefasta, consente diciamo così di poter collocare al posto “giusto” i bassi istinti con la scusa di avergli trovato una nuova e funzionale etichetta. Dare un nuovo nome in questi casi quindi serve a giustificare qualcosa, ad avvallare qualcosa che prima non si poteva dire o fare, e non di rado questa cosa corrisponde ad una “verità” tenuta fino a quel momento tenuta nascosta, agli altri senz’altro, ma spesso anche a se stessi.

Perché è importante considerare queste dinamiche ? Perché è chiaramente utile mettere in evidenza le proprie e le altrui incoerenze al setaccio del buon senso affinché si possa evitare di “farsi dei film sbagliati”, che spesso e volentieri non sono altro che proiezioni esteriori delle proprie sofferenze e mancanze interiori. Quando non siamo in grado di gestire delle situazioni siamo tutti facilmente portati ad additare gli altri, ci costa una maledetta fatica dir.ci che abbiamo sbagliato, che siano noi la causa unica e sola della nostra condizione, e talvolta può effettivamente non essere così , ciononostante il giudice interiore o dei nostri prossimi, vero o imaginarlo che esso sia, ci sembra un macigno insormontabile. Preferiamo quindi la via breve dello scarico di questi pesi inventando le più becere teorie, diventiamo meglio di Spielberg (che ironia semita) con tanto di colonna sonora a corredo.

Ho vissuto direttamente diverse esperienze, anche di recente, nelle quali mi sono ritrovato ad essere alternativamente Robert Paulson, oppure solo un gregario partecipante al fight club di turno. Ovviamente non potrò qui ammettere di essere stato mai stato un Jack/Tyler.
Tempo fa durante una convention aziendale di inizio anno vissi un istantaneo “insight” che mi fece tremare li per li, capii improvvisamente di trovarmi in un contesto maldestramente gestito dove i valori nei quali credevo e per i quali avevo aderito a quel progetto di business, erano stati abilmente sostituiti dal mero ritorno economico come unico faro. Mi resi conto chiaramente che i miei sforzi andavano in realtà a nutrire solo e solamente l’ego ed il portafogli di chi presiedeva alla dirigenza di quel progetto ma che viceversa raccontava come gli sforzi andassero ad aiutare le aziende clienti ed in modo indiretto la crescita professionale ed economica di chi assieme a me diffondeva il “verbo”. Subito dopo la mia presa di coscienza mi venne in soccorso il fulgido esempio di Claus Schenk von Stauffenberg. Se non sapete di cosa parlo troverete fra le fonti ispiratrici di questo articolo la riposta migliore.

Quanto è difficile essere realmente etici e coerenti ? Molto, moltissimo, sopratutto quando le cose non girano nel modo migliore, eppure è solo in quel preciso momento che puoi scoprire dove sono i valori, se ci sono, e se ci sono mai stati. Accade infatti che in quei momenti le cose cambiano, a volte in modo inaspettato, ciò che sembrava sinergico non lo è più e magari invece ciò che prima era distante stranamente si avvicina, solo rimanendo lucido puoi renderti conto di chi è davvero con te, chi lo è sempre stato e chi meno.

Citando un altro film “Arriva un punto, molto estremo, in cui le strutture ti abbandonano e le regole non sono più un’arma, sono catene che imprigionano te ma non un criminale. Un giorno forse affronterai un simile momento di crisi. In quel momento spero che tu abbia un amico come l’ho avuto io, che affondi le sue mani nel fango in modo che le tue possano restare pulite!” . Chi parla è il commissario Gym Gordon e parla di Batman cioè di quell’eroe che non ha bisogno di sembrare tale , anzi schiva quella gloria pubblica a vantaggio del bene comune. La situazione in quella fase del film racconta come solo se si conoscono bene i fatti e le sfumature si è in grado di capire, mentre Gordon infatti conosce bene i fatti, la popolazione di Ghotam City conosce un racconto differente, Batman viene bollato come un criminale e come è facile intuire le malelingue battono il tamburo senza curarsi molto dei contenuti veri poiché le dinamiche del gruppo sono sempre portare alla semplificazione.

L’ amico psicologo Claudio Luraschi postava oggi sui social una riflessione sul fatto che non è possibile rimanere se stessi all’interno di un gruppo di lavoro, di un team, poiché quando siamo coinvolti in una relazione sociale siamo diversi da come siamo normalmente in contesti personali. Citando a sua volta lo psicologo William McDougall, nel suo breve post Claudio spiega che da una parte quando siamo in un contesto collettivo espandiamo il nostro vissuto emotivo ma come dazio diminuiamo il coinvolgimento cognitivo.

Cio mi riporta ad un’altra considerazione che faccio sempre quando ascolto notizie che hanno a che fare con problemi di disordine pubblico (vedi scontri fra tifoserie allo stadio, manifestazioni di piazza che diventano atti vandalici, ed allo stesso modo la soppressione troppo violenta di alcune di queste pure quando sono pacifiche, e peggio ancora quando un gruppo di maschi arriva a compiere violenze su una singola donna). Mi chiedo sempre come sia possibile che persone ritenute equilibrate, insospettabili, arrivino poi a tanto quando sono immerse in un altro contesto collettivo. Cio che ho capito da tempo e che viene confermato dal post qui sopra è che realmente la scala delle regole di relazione si sposta senza che il singolo se ne renda conto, e se per caso se ne rendesse conto non è sempre in grado di rispondere alle proprie istanze interiori poiché il contenitore più grande del gruppo sembra dovere assorbire e prevalere sul focus individuale.
Fortunatamente questa mia dissertazione serve a stimolare all’osservazione delle dinamiche di gruppo nel contesto del lavoro e delle dinamiche in questo ambito. Facciamo più attenzione a tutti i Robert Paulson che siamo e che incontriamo.

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Alcune delle Fonti :

Musica e Scritti

Articolo di Luca Fontana su https://www.digitec.ch
Testo della canzone “Bandiera Bianca” di Franco Battiato
Post di Caludio Luraschi su LinkedIn 
Libro “Fight Club” di Chuck Palahniuk 
Testo della canzone “Barabba” di Lorenzo Giovanotti
Libri : “B/REL” (La trilogia inedita) di Ale Seven
Libro : “Simulacri e Simulazione” di Jean Brillard (che devo ancora leggere 🙂

Films

“Fight Club” , di David Fincher 
“Batman” (la trilogia) , di Cristopher Nolan
“Arancia Meccanica” , di Stanley Kubrick
“Operazione Valchiria” , di Brian Singer


La Visione Sistemica di Insieme

Più persone raggruppate a caso fra categorie di sesso, età, etnia, stato sociale, provenienza geografica ecc ecc se messe di fronte alla situazione di guardare la stessa immagine, lo stesso panorama, la stessa persona … altro … alla domanda “cosa vedi ? “ risponderebbero molto probabilmente in modo del tutto differente. Anche quando dovessero rispondere “in che senso ? ” , ovvero chiedendo di specificare meglio la richiesta alla quale in modo un po’ evasivo gli si rispondesse “descrivi ciò che vedi “ beh, il risultato sarebbe sempre e comunque diverso. Ognuna di quelle persone adotterebbe il proprio “filtro di priorità” per offrire la propria descrizione, oppure il proprio livello di precisione, di ampiezza della comprensione interiore di quel concetto, ciò in funzione di una serie di variabili miste fra il doversi misurare/giustificare con la domanda, o magari per l’imbarazzo di non volersi sentire inadeguati.
Se ad esempio in questo momento siete in spiaggia e volete fare l’esperimento, vi sarà abbastanza facile reperire delle persone ed avere un panorama suggestivo, più o meno affollato, sono certo che sarà divertente fare questo gioco.

Senza entrare nei dettagli delle infinite risposte possibili, brutalizzerò l’analisi delle risposte in due macro categorie :

A) quelli della visione del particolare

B) quelli della visione di insieme

A) : Sono quelle persone che se hanno davanti a se un insieme di palline nere assieme ad una sola rossa vedranno subito la differenza, si concentreranno solo su quella, faranno ragionamenti interessanti ed articolati che guarderanno più al perché l’unica allora è rossa senza tuttavia interessarsi al fatto che l’insieme risulta sostanzialmente composto da palline nere. Sono persone che si incaponiscono nel pensare che “la regola” non serve, è sempre una forzatura, poiché ci sono sempre delle variabili. Spesso queste persone pensano molto alla propria percezione e viaggiano “per esclusione” quindi non si ritengono parte di un meccanismo.

B) Queste altre persone sono persone che talvolta sono, e più probabilmente sembrano, un po’ imprecisi nel loro primo giudizio, vedono l’insieme delle palline nere ma non si interessano subito della pallina rossa, talvolta la ignorano del tutto considerandola un fastidio. La loro capacità è quella di una visione dall’alto, si vedono osservatori esterni del meccanismo che guardano nella sua interezza e cercano di orientarne gli sviluppi se la cosa li riguarda, spesso si accontentano solo di godere del panorama percependosi un piccolo ingranaggio in un grande meccanismo “per inclusione”.

La differenza comporta dei ragionamenti diversi che determinano diversi comportamenti di fronte alla stessa situazione. Chi sei tu, A o B ? La premessa era che questo esercizio è un po’ una forzatura. Perché farlo ? Perché ritengo che in questi tempi moderni bisogna essere A+B , ovvero bisogna sapere anzitutto avere la capacità di vedere l’intero quadro nel quale ci si muove e nel quale ci muoviamo, e tuttavia è fondamentale sapere verticalizzare focalizzandoci sul singolo dettaglio che talvolta, in un mondo iper-connesso, determina tutto il resto in una dinamica “a domino”.

Quello che studio sul campo da molti anni, incontrando imprenditori di diversa estrazione e tipologia, mi ha fatto capire che la maggior parte di questi non conosce la differenza fra essere un imprenditorie ed essere un artigiano. Sono entrambi da stimare ma, se è vero che l’artigianalità racconta di sé i grandi sacrifici dei quali la collettività beneficia, l’imprenditoria più pura spiega che la connessione con tutto il resto necessita di una attenzione spasmodica per stare al passo con gli scenari che mutano.
I due mondi sono spessissimo collegati fra loro in logica di filiera, eppure hanno esigenze che non coincidono a meno che non adottino entrambi una visione sistemica di insieme. Questa visione sistemica deve includere gli obblighi del tempo : etici e morali, di genere, sociali, ambientali, culturali, strategici, digitali, geo-politici, energetici, finanziari, generazionali … e probabilmente qualche altro spicchio del frutto del peccato originale che è “fare di più”.

Il web non ha fatto altro che amplificare e velocizzare i processi già in corso, cercando infatti di vedere prima gli scenari ai quali si va incontro il conoscere in tempo reale informazioni e meta-dati, oltre che previsioni fatte da algoritmi ed intelligenze nuove, fa prendere scelte differenti poiché la comprensione viene modificata. Altrettanto fanno anche altri e ciò può determinare una logica schizofrenica che dalla razionalità porta a scelte inadeguate dettate dallo stress e dalle paure anziché dalla ipotizzata programmazione.

La visione sistemica e di insieme, lo spiega la stessa definizione, è un processo cognitivo di inclusione che guarda all’insieme, e lo fa in una ottica di sistema, ovvero che nutre e viene nutrita dalla capacità di relazionarmi con attori ed esigenze molto diverse tra loro. È un po’ come il dovere essere in grado di parlare lingue diverse, con diversi interlocutori, durante una riunione nella quale ognuno ha fretta di dire la propria e vuole essere ascoltato per il proprio impellente e personalissimo bisogno che deve risolvere quanto prima.

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L’Arte di Fallire

È una delle paure più grandi dell’uomo, specialmente del maschio, è la paura del fallimento e quindi del giudizio degli altri, del collettivo, ed ancora di più del proprio di giudizio, quello verso se stessi.
Il lavoro occupa gran parte del nostro tempo, e quindi della nostra vita, il pensiero di un fallimento personale e professionale è un cruccio che può diventare una ossessione , una forma di angoscia, e paradossalmente quando si innesca quel pensiero ricorrente aumentano le probabilità che ciò accada poiché si perde di lucidità ed alcune scelte potrebbero non risultare le più centrate.

Bisogna quindi “vaccinarsi” imparando a fallire almeno un po’, imparando che si può fallire e che fare impresa prevede il poter fallire, diversamente non si ha realmente fatto un passaggio da imprenditore moderno. Si chiama infatti impresa non perché fosse scontato il possibile risultato, ma perché l’avere intrapreso è stata una sfida accettata, non una scommessa a caso, ma un progetto, una meta, ed una competizione con sé.

Ma cosa significa in realtà fallire ? Fallire è senz’altro sbagliare qualcosa, e le conseguenze di uno o più errori determinano potenzialmente la cessazione di una attività nel peggiore dei casi, oppure in maniera più moderata una certa dose di sofferenza e di fatica aggiuntiva, non prevista nella progettualità delle cose. Nel migliore dei casi un cambio di rotta strategico e magari di mezzo giro.
Spesso questo passaggio è quasi un percorso obbligato per una maturazione della capacità imprenditoriale – sbagliando si impara – poiché sono proprio gli errori che ci consentono di migliorare e di sbagliare di meno in futuro.

C’è tuttavia modo e modo di sbagliare, di fallire, e sapere come farlo è un grande vantaggio. La prima delle condizioni per “fallire bene” è quella di poter avere prima di (ri)partire delle buone risposte ad una serie di domande preventive come :

Qualora non riuscissi sarei poi in grado di riprovarci ?
Sarebbe per me possibile ripartire dal punto di vista della legge senza avere una macchia indelebile ?
Le istituzioni mi metterebbero nella condizione di poter chiudere e riaprire senza perseguitarmi ?
E se accumulassi grossi debiti avrei sufficienti agevolazioni finanziarie per poter affrontare le richieste dei creditori privati ed istituzionali ?
Avrei la possibilità di un riscatto al cospetto degli altri ?
Avrei sufficiente stima di me stesso per poter affrontare una seconda occasione ?
Come potrei rilanciare se sbagliassi i miei obbiettivi ?
…..

Sono sempre importanti gli interrogativi che un imprenditore, piccolo o grande che sia l’orizzonte del proprio volume di affari, deve senz’altro affrontare ad una prima iniziativa imprenditoriale, lo è ancora di più anche dal punto di vista emotivo quando si tratta di una seconda, magari di una terza ecc

Ma perché é così ? Perché non è facile avere la cosiddetta exit strategy ? Fondamentalmente dipende da una questione di cultura nella quale si è immersi, non é infatti così ovunque, anzi, e forse proprio in Italia c’è una delle peggiori considerazioni verso la categoria dei tanti e valorosi piccoli e grandi imprenditori. Nel nostro paese é ormai diffuso il concetto di presunta colpevolezza secondo il quale lo stato mette imprenditori e partite iva davanti all’assunzione che “probabilmente tu hai sbagliato e devi dimostrare che non sia così”, nella vulgata di massa inoltre “chi imprende froda ma nessuno controlla” e via così con vecchi slogan.

Alcuni degli studi di statistica tuttavia rivelano un dato che colsi tempo fa, e riferito all’anno 2020 ed il primo quadrimestre del 2021, che spiegava come fosse in aumento il numero delle aperture di nuove iniziative come p.Iva e società Start-Up, era un’ottima reazione che un po’ ci si poteva aspettare in quel momento . La pandemia è stata percepita e paragonata un po’ come una sorta di conflitto mondiale, che ha visto sia tanti caduti ma allo stesso tempo ha anche fatto emergere nuove riflessioni che sono dei buoni segnali di fiducia nel futuro. È stato un po’ come uno spartiacque anche se con tutte le incognite del caso.

Questo era quanto riflettevo verso fine 2021, quando scrissi la bozza dell’articolo che però ho pubblicato solo adesso. La mia attesa a pubblicare la mia riflessione facilmente dipendeva da un presagio circa il futuro. Nel frattempo infatti sono arrivate a farci compagnia la crisi energetica ed un conflitto ail confine europeo. Probabilmente non eravamo ed ancora non siamo più abituati a stare costantemente in una “s-confort zone”. Chi è nato in occidente negli anni ‘ 60- 70 non ha percepito quasi mai fino agli anni duemila un reale pericolo generale, fa eccezione la nube tossica di Chernobyl, tale che potesse cambiare le nostre vite. Da adulti quindi non c’era mai stato quel retro-pensiero che potesse essere fortemente determinante sul ripensare se fare o meno impresa, c’era un ottimismo di fondo generato da un periodo insolito, di ovattata tranquillità. Oggi la “musica” è del tutto diversa, gli scenari evolvono, di continuo, si impennano e crollano con pendenze vertiginose, la stabilità la si deve trovare costantemente e guai a chi crede di averla già trovata del tutto, pena la morte della propria attività o qualche mal di pancia nella migliore delle ipotesi.

Su questo palcoscenico di oggi credo che il ruolo più complesso dovrà essere interpretato dagli – stanchi -imprenditori, sopravvissuti a questa ennesima compilation di colpi al sistema economico. Sono, siamo, quelli che hanno resistito fra mille ed inaspettate incertezze, spesso guardando sopratutto all’amore verso il proprio lavoro ed alla funzione sociale che il proprio ruolo riveste nei confronti dei tanti dipendenti e delle loro famiglie. Nutro per tutte queste persone un grande rispetto ! Potrebbe accadere che da queste dolorose esperienze fiorisca una nuova generazione di imprenditori dalle menti più preparate ed allenate al cambiamento continuo.

Per tutti quelli che non ce l’hanno fatta a continuare c’è senz’altro bisogno per loro del migliore aiuto per poter gestire una degna chiusura, ma anche per potergli offrire una nuova opportunità, che sia realmente nuova. I paradigmi di oggi, con paletti sempre più stretti orientati al cambiamento in corso, obbligano un imprenditore moderno ad essere formato e preparato, orientato alla tutela dell’ambiente, capace comunque di mettersi al riparo in caso di difficoltà finanziarie impreviste, socialmente responsabile ed in grado di intercettare le nuove logiche di questo particolare momento di rilancio.

Viene spesso raccontato che in altri paesi, di solito si citano gli States, si apre con una estrema semplicità burocratica una nuova iniziativa imprenditoriale e che risulta abbastanza normale aver fallito almeno due-tre volte prima di avere trovato la giusta strada da perseguire che poi determina il tanto auspicato successo, inteso nella sua corretta accezione, ovvero che ciò che si voleva ottenere è davvero successo !

Se è vero come lo è, che la nostra terra è davvero la patria dell’ingegno e dell’arte, il mio grande augurio per tutti i nuovi e vecchi imprenditori è che possa essere anche la patria dell’Arte del Fallimento. Non sto ovviamente augurandomi che molti progetti naufraghino, ciò accade già, e continuerà ad accadere, è fisiologico. Sto auspicando ad un rifacimento del quadro normativo, e ad una nuova cultura del fare impresa entro la quale l’imprenditoria venga premiata per quanto cerca di realizzare anziché essere punita a posteriori. Come sostiene il grande allenatore e formatore Julio Velasco bisogna pensare all’errore come parte del processo di apprendimento anziché come segno di incapacità.

Mi auguro che ci sarà così tanta voglia di fare e che le opportunità che nasceranno saranno così numerose ed entusiasmanti che si possa anche sbagliare, che si possa fare e rifare, fare meglio, fare di più. Si potrà allora sbagliare, fallire, riprovare, fallire meglio ed imparare la lezione , riprovare e una volta imparata l’Arte del Fallimento iniziare a vincere, ad avere successo.

Mi occupo di consulenza strategico-cognitiva per il rilancio imprenditoriale, chiedimi come fare per ….

Alessio Micheli

“…e il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire…” (Franco Battiato)

La Prospettiva

L’Italia è stata per diversi secoli un po’ come “La Silicon Valley dell’Arte e della Cultura” , considerata da tutti come una fucina di talenti nel mondo, ed ancora oggi vive di rendita del successo delle vicende che l’hanno attraversata nel bene e nel male, e delle diverse imprese, intraprese, e vinte dai propri figli. 

A Giotto viene attribuita la prima gestione moderna degli spazi nell’ambito dell’arte pittorica, successivamente il Brunelleschi avrebbe dato forma all’invenzione della prospettiva lineare messo poi a punto da altri eminenti artisti dei secoli successivi. Nasce così quindi la terza dimensione che, incredibilmente per noi moderni, prima di allora non esisteva, non era stata ancora concepita dalle menti del tempo. 

Mi sono sempre chiesto ed immaginato con la fantasia la scena di come doveva essere la visione di un quadro contenente la prospettiva quando veniva visto per la prima volta. Credo proprio che sia stato un grande stupore, un effetto wow, i neuroni di quei cervelli “prospetticamente vergini” , grazie alla visione di un’opera d’artista, dialogarono in un modo inedito, eccitati così da una nuova via di comprensione del mondo e probabilmente anche di sé stessi generando un nuovo senso delle cose.

Oggi accade qualcosa di simile, ma dalla portata molto inferiore, quando vediamo uno schermo led moderno, magari di quelli curvi di ultima generazione che ci propongono la realtà aumentata.
Non è però la stessa cosa tuttavia se paragonato al salto che è stato fatto in passato, allora si accendevano nuove lampadine in testa, mentre oggi si cerca di non farle spegnere poiché sono drogate costantemente dagli stimoli continui ai quali ci obbliga la modernità. 

Quando ho iniziato a scrivere questo pezzo non se ne parlava ancora, ma in questi ultimi mesi imperversa il così detto “Metaverso” ovvero la possibilità di accedere ad un’universo parallelo , digitale, che sembra volerci catturare ed inchiodare all’interno di un mondo irreale. Uno dei trend del business di punta ci invita in modo subliminale ad una probabile via di fuga dal momento presente.
Di fatto ciò offrirà in men che non si dica altre modalità di (nuova) interazione, di lavoro e di relazioni sociali incluse … ed un po’ rattrista. Questa cosa non è però nuova, la prima stagione di questa idea era stata quella, non molto riuscita, di Second Life per chi la conobbe allora. 

Tornando ai nostri Led Wallet tuttavia il paragone visivo ha forse più pertinenza se riportato all’esperienza che abbiamo fatto in tanti già qualche anno fa di “entrare” volontariamente con lo sguardo dentro una stampa lenticolare 3D con disegni sovrapposti. Ricordo ancora quanto fosse innaturale dover – sfocalizzare – con gli occhi a mo di strabismo per poter accedere al disegno celato dalla macchia indistinta di forme e colori che si vedeva in prima battuta.
Ci è voluto uno sforzo sia muscolare che di apertura mentale ad nuova comprensione di quella altra realtà, ci si è dovuti un po’ arrendere al fatto che ciò che avevamo visto fino a poco prima non era la cosa più interessante, la novità ancora nascosta ai nostri sensi era già lì ma era ignorata a prescinderne poiché non era ancora stato “caricato quel tipo di file” nella nostra mente, che è appunto il software che alberga diffusamente fra le grinze della nostra materia grigia e rosa.
Suppongo tuttavia che qualcosa di analogo sia accaduto secoli prima alle prime esperienze della pittura in prospettiva, non tutti saranno stati in grado di cogliere subito la novità poiché la loro mente non sapeva cosa cercare tramite gli occhi, solo una volta aperta quella porta interiore, e solo allora, è stato ovvio e bello ciò che prima era irraggiungibile, e con tutta probabilità ciò che prima era ovvio era diventato improvvisamente vecchio ed in qualche modo un po’ più brutto, peggiore.
Questo, se ci pensiamo, accade sempre quando si ha a che fare con la tecnologia, la novità, le migliorate performance, la comodità di un prodotto o servizio fanno da spartiacque.
La chiamerò “obsolescenza mentale” non avendo fatto ricerche circa le possibili definizioni, è il meccanismo col quale in un istante si sceglie di faticare di meno in vista di una migliore usabilità, da subito più gradita.
Da lì diventa sempre una sofferenza tornare indietro, chi lo nega è un romantico.

Basterebbe considerare questo per cogliere come i concetti di futuro ed innovazione sono sempre e comunque disponibili la fuori, nell’universo (e mi auguro poco nel metaverso) oltre la nostra scatola cranica, ciò che ci serve davvero è un po’ di istruzione su come riuscire a vedere aldilà di noi, delle nostre fedeli paure e dei pre-giudizi che sono molti di più di quelli che riusciamo ad addebitarci già noi stessi. 

Il professor Sgarbi, che quando parla di pittura è davvero coinvolgente poiché da critico appassionato ed amante viscerale di questa arte trasuda grande entusiasmo, ricorda spesso come Giotto rappresenti oltre al genio pittorico il primo vero artista moderno poiché pagato per la sua arte in un nuovo senso Imprenditoriale, o da libero professionista se preferite.
Per la prima volta l’artista veniva infatti considerato non solo come un esecutore che riceveva vitto/alloggio, cioè uno che campa con ciò che fa, ma diventava  invece un vero e proprio imprenditore che fa da se un po’ tutto fra management/personal-branding/sales/cfo/investor manager ecc ecc detto come si usa fare adesso mettendo l’inglese come il prezzemolo per ogni professione. 

L’evoluzione del concetto di artista oggi è rappresentato da Banksy.
Che sia un singolo individuo oppure un collettivo, al pari di Satoshi Nakamoto, questa figura ci racconta come in precedenza si sentiva il dovere di uscire dall’anonimato, per affermarsi e testimoniare, mentre oggi si protegge se stessi e il proprio messaggio rifugiandosi all’interno di un anonimato. Escluderei per inciso tutto ciò che ha a che fare con gli NFT che a mio parere sono uno strumento di una breve (???) stagione speculativa, molto business ma poca arte (Ndr quindi) .

In questo senso la prospettiva si è davvero capovolta, dal virtuosismo estetico delle forme plastiche si è tornati all’essenzialità della street art in bianco e nero, non è più la forma che prevale sul contenuto ma si ritorna all’essenza poiché la forma è di impiccio, troppo ingombrante.

Abbiamo oggi davvero molti strumenti di supporto tecnologico, in senso elettronico, e tutto ciò vive delle logiche dell’obsolescenza precoce perché la veloce progressione della curva dell’innovazione digitale di nuovi e più performanti ammennicoli ci spinge sempre di più verso una continua ansia da possesso dei migliori strumenti immessi sul mercato per il lavoro e per la vita. 

In passato tendenzialmente le cose erano diverse, i tempi erano più dilatati, i cambiamenti avvenivamo senz’altro anticipati da forti e prolungati segnali … eppure non è del nulla scontato che ciò che rappresentava la novità fosse compreso neppure allora.
La cosiddetta “inerzia cognitiva” travalica la storia dell’uomo, cambiamo le scale e le misure, aumentano frequenza ed ampiezza dei cambiamenti, ma la storia si ripropone.

Anni fa ebbi modo di avere alcuni incontri di lavoro col Sig. Carlo Vichi, lo storico fondatore del marchio MIVAR, che fu l’azienda italiana leader per la produzione di televisori negli anni ottanta e novanta, e che era nata nel dopoguerra dall’abilità artigianale del suo fondatore di aggiustare apparecchi radio e poi televisivi. 

Vichi osservò e sfruttò la richiesta costante e continua determinata dal periodo di crescita del boom economico e così decise di diventare un imprenditore ed ottenne  un grande successo.
Tutto però cambiò quando le nuove tecnologie TV delle aziende estere competitor, sopratutto giapponesi, imposero quel cambio di passo al quale MIVAR non era preparata.
Il racconto del Sig. Carlo infatti finisce con la forte autocritica dell’aver sottovalutato e quindi ignorato il nuovo che avanzava ad un ritmo forse in quel momento imprevedibile.
In sostanza l’ammissione dell’errore è quello del non aver guardato in prospettiva oltre lo scenario che veniva dato in qualche modo per scontato. 

Così come per MIVAR ci sono altri esempi che sono ancora più celebri per il calibro dei brands, vengono spesso citati quando si parla di innovazione i marchi di Kodak e Blockbuster che ignorarono loro malgrado il potere – disruptive –  dei telefonini poi divenuti smartphone a discapito della fotografia e dei supporti video ed i servizi video del web rimanendo quindi fermi alla stazione …. mentre “Hyperloop” era già partito…

Il Tempo, considerato come fattore e come strumento, è la nuova vera tecnologia con la quale dobbiamo oggi imparare a guardare alle cose in prospettiva. Mi spiego meglio : il tempo è finito, ovvero è stato schiacciato, compresso, dalle tecnologie, ci siamo abituati ad avere tutto subito e ad essere sempre connessi, il rallentamento di qualsiasi processo del fare è ormai sinonimo di incapacità ed inefficienza, la lentezza ci sembra non essere una buona cosa.

La risorsa più grande che quindi vorremmo intimamente avere in fondo in fondo è un maggior tempo, ne vorremmo sempre di più , ed a volte non sappiamo bene per fare che cosa, non ne riconosciamo più il sapore come prima.
Da tempo per molti il “Tempo”è sempre più uguale, indifferenziato, la percezione che abbiamo è che il tempo non basta mai. 

Il COVID -19 ha rotto (oltre che le scatole) il meccanismo cognitivo di relazione col tempo. Era già prima una relazione precaria, ma adesso abbiamo avuto un grande stop. Se lo abbiamo sfruttato bene è proprio per rivedere le logiche di priorità, ed una delle grandi consapevolezze che abbiamo maturato è che il pianeta intero sia proprio a corto di tempo, c’è una deadline sempre più vicina, molte cose sono da fare e ci sentiamo piuttosto inadeguati, colpevoli ma anche un po’ stanchi e delusi – scusassero lo spleen – .

Perché ? 

Stiamo quindi utilizzando il tempo come l’unico strumento per guardare al passato ed al futuro in una logica di vera prospettiva e non ne siamo ancora del tutto capaci, ci sembra di non vedere bene e quindi di non capire proprio come quando abbiamo fatto i primi tentativi di guardare a quella stampa lenticolare in 3D. 

La cosa non riguarda solo gli over quaranta che senz’altro sentono di più il peso di un primo bilancio di vita e sono preoccupati per i propri figli, ed in qualche raro caso anche per i già nati nipoti, questo nuovo sentimento collettivo è un collante che ci tocca tutti, più o meno consapevolmente.

Come ci spiegano gli studiosi di astronomia che hanno a che fare con delle scale di grandezza infinitamente più grandi della nostra idea di tempo, l’intera nostra vita può essere fotografata in un solo frame, come a dire che che ciò che abbiamo già fatto e ciò che faremo in modo più frequente determinerà ciò che verrà immortalato in uno scatto, congelati quindi in quello può essere considerato il nostro carattere distintivo, la nostra qualità, la nostra caratteristica. 

Se ciò vale per un singolo, non cambia molto per un collettivo, e così anche per un periodo temporale. I validi storici sanno tratteggiare già nel presente l’analisi del dopo, tracciano i contorni per una lettura di retrospettiva, usando quindi la – prospettiva del prima – , che spesso si differenzia da quella della vulgata e dei libri di storia.

La prospettiva quindi non può essere altro che cognitiva.
I cosiddetti bias, che fondamentale sono i driver che guidano la nostra esperienza di vita e traduco per noi il linguaggio dello sconosciuto, cioè sono per noi come google traslate che usiamo per comodità e velocizzazione , ma che molte volte non è in grado di tradurre il vero contenuto dello script che deve tradurre. I file dedicati a questa funzione che sono caricati nelle sue libreria sono troppo rigidi e costringono un linguaggio ad un impoverimento facendone la sintesi.
Ecco la stessa cosa accade nella nostra mente, che pigra-mente non vorrebbe doversi sforzare più di tanto. 

Se ciò lo applichiamo alla lettura del mondo e degli eventi, scopriamo che la prospettiva cognitiva ci può regalare tesori, tesori cognitivi che fanno la differenza, è una vera e propria magia.

Se abbiamo la famosa resilienza nella nostra cassetta degli attrezzi scopriamo che la realtà è un’altra, e forse già prima era diversa. Senz’altro potrebbe essere un’altra in futuro, “basta” quindi imparare a disegnare secondo l’innovativo uso della prospettiva, ma senza indugi e rimandi. 

Mi occupo di consulenza strategico-cognitiva chiedimi come fare !

Alessio Micheli 

Alcune delle fonti :

Web e Video : 

https://wsimag.com/it/arte/204-giotto-tra-arte-e-denaro

Testi :

La Poetica del Vago e dell’Indefinito – di Giacomo Leopardi 

Come funziona il cervello – Ed. Darling Kindersley Limited

La scoperta dell’ombra – di Roberto Casati

Inventare la Mente – di Chris Frith

Silicio – di Federico Faggin 

Films :

Il Peccato ; il furore di Michelangelo – di  Andrej Končalovskij

Inception – di Christopher Nolan

Lo Spirito del Business

La Spinta / Lo Spirito di Conquista / La Ricerca dello Spirito

È da molto tempo ormai che diverse persone, alcune di queste presenti spesso in TV, ed ormai sempre più spesso sul Web e nei Social, in qualità di professionisti autorevoli come scrittori, professori, sociologi, antropologi, managers, giornalisti, opinionisti, influencer…ed diverse altre categorie che si confondono fra loro nei vari ruoli…, fra coloro che contemplano la parola “spirito” associata ad una cognizione di valore, tutti quanti descrivono questa epoca come una zona d’ombra della storia umana e che ciò deriva da un vuoto di valori, a volte puntando il dito indice – di Caravaggesca suggestione – verso il capitalismo nel suo insieme o più indistintamente verso l’interesse prioritario per il denaro, di un profitto a svantaggio di altri e lontano da più alti valori morali.
Per molti aspetti ciò è incontestabile e davvero oggi si sente e si legge ormai quotidianamente di fatti come abusi e soprusi a discapito di categorie deboli, o comunque più deboli di chi esercita in qualche modo un potere oltre i limiti del lecito, e senz’altro oltre quelli del buon senso.
Personalmente tuttavia non credo che ciò che accade oggi sia diverso da ciò che accadeva ieri, ciò che è cambiato invece è la possibilità di una conoscenza diretta di quanto accade. La rete infatti ci rende oggi partecipi in tempo reale di cose delle quali prima ignoravamo l’esistenza o per meglio dire la frequenza. Ci stiamo semplicemente scoprendo (anche come insieme) meno perfetti, meno ideali per come volevamo essere e come forse ci avrebbero voluto. La rete è una lente di ingrandimento, con tanto di faro acceso, su tutto ciò che attira la nostra attenzione.
Va quindi meglio stabilito cosa è più meritevole di attenzione anziché rassegnarsi all’idea che tutto va peggio e che siamo peggiori o peggiorati.
Credo inoltre che la riduzione semplificata del bipolarismo fra Buoni&Cattivi / Giusto&Sbagliato / Dio&Denaro e via così, non sia altro che una fotografia reale della realtà, solo che si tratta di realtà aumentata, aumentata dalla tinte forti di alcuni modi di fare notizia, in generale di comunicazione, e del  corredo dei commenti di chiunque abbia a disposizione un account in qualche piazza virtuale. 

Amo il giornalismo di inchiesta ed ho seguito con una certa attenzione alcuni dei cosiddetti scandali che stanno segnando, ad esempio, la nostrana e millenaria istituzione della fede ed è chiaro che un vento di cambiamento sta ormai soffiando e dovrà soffiare per rinnovare le sue basi dalle fondamenta. Potrebbe essere già tardi per recuperare il consenso perduto in questo tempo moderno, ma ciò non dovrebbe preoccuparci più del dovuto. Rileggendo la storia dovremmo già sapere che nel medio e lungo periodo tutto è destinato a mutare, e che gli eventi e la storia stessa sono dei contenitori più grandi delle singole esperienze personali.
Quando crediamo infatti ad esempio che abbiamo dei problemi o delle soluzioni, piccole o grandi che siano, esse sono davvero importanti solo quando coinvolgono una collettività e quando ciò ha un effetto per un tempo lungo, quando quindi ciò è epocale e sostanziale.
La forma è temporanea ma ciò che è importante resta, il contenuto si adatta o semplicemente svolge la sua funzione in quel preciso momento dopodiché va ricollocato e riqualificato, se è vero valore.

Questa lunga premessa è il filtro attraverso il quale mi piace parlare di Business, che in Italiano significa Affare, e che la Treccani ci ricorda al primo punto che significa “cosa da farsi”, per ragionare di come Affari e Spirito si sovrappongono quasi sempre anche se possono confonderci le idee nella loro manifestazione.
Si, per fare business serve avere lo spirito, a volte un grande spirito, anzitutto di iniziativa, è necessaria una volontà che ci muove sia per soddisfare i più semplici istinti di sopravvivenza, e ciò a a che fare con onorare la vita e custodirla, per migliorarla per noi e per gli altri, così come per soddisfare la fame di conquista di nuovi traguardi, di ingaggiare sfide sempre maggiori e più inclusive, di relazione con gli altri quindi, ma anche di ispirarsi con una capacità di visione sempre più grande e lungimirante ed avere il coraggio di orientare le proprie risorse interiori oltre il limite del conosciuto, sopratutto da noi stessi.

La “cosa da farsi” oggi più che mai ha a che fare con il coinvolgere gli altri, quegli altri che sono e saranno sempre più importanti nella società moderna purché noi scendiamo a compromessi con la capacità di trovare una convivenza fra questo stimolo interiore al pari di quello degli altri. Questo potrebbe non coincidere subito, prima di capirsi bisogna di fatto accettarsi reciprocamente, e ciò non è per nulla scontato poiché l’individualismo verso il quale siamo ormai da tempo stati orientati spesso ci impedisce una reale apertura inclusiva verso l’altro da noi.
Forse il punto centrale è proprio questo. Quando si parla di spirito, se può essere vero che un/a uomo/donna spirituale può essere “altissimo”, “venerabile” e ancora “sublime” ecc ecc, mettiamoci pure qualsiasi epiteto che può suggestionarci nel nostro bisogno di trovare il sacro, non ci deve tuttavia sfuggire che lo spirito si diffonde in modo incontenibile attorno a se, non lo si può imbrigliare in una forma e quindi dei suoi benefici se ne deve poter leggere chiaramente un segno tangibile e riconoscibile.

La “ricchezza” deve evidenziarsi sopratutto se consideriamo l’assunto che – prodigo in spirito significa più evoluto – e quindi – più consapevole, più oculato nella gestione nel medio e lungo tempo, quindi in ultimo anche più “ricco” economicamente – . Allo stesso modo quindi la relazione di spirito, nello spirito giusto , con la persona di spirito, deve necessariamente passare al vaglio dello stesso criterio di pesatura. Se ciò non accade, se si tratta invece solo di un trasferimento di ricchezza concreta da chi la cerca verso chi ne parla, beh allora è bene attivare le sinapsi e domandarsi se quella relazione instauratasi è davvero sostenibile, oppure se è diventata, e magari è sempre stata, tossica.

Proprio così, una relazione è tossica quando non è bilanciata, quando gli effetti di essa non sono più utili ad un miglioramento reciproco. Non può esistere una vera intelligenza se gli effetti di uno sforzo dopo un tempo non generano frutti in ambo le direzioni, si tratta infatti solo di tempo prima che ciò che accada sarà una sicura interruzione di quella relazione, o in alternativa un’altra forma di mutazione della stessa ma che guarda ai principi di sostenibilità e reciprocità.  Deve quindi manifestarsi una sorta di cash-back per dirla in modo moderno, poiché l’amore incondizionato è una convinzione interiore ed ha a che fare con la bellezza, la bellezza dello spirito. Del resto, non tutto è bello in eguale modo, e soprattutto non nello stesso momento. La relazione che si instaura fra due soggetti, se per un tempo è un po’ una conquista dell’altro, quando poi non matura e non arriva ad un livello di circolarità, se cioè essa non ripropone se stessa in una nuova lettura, allora cambia inevitabilmente la sua forma con il rischio di diventare una recriminazione, a volte addirittura una negazione e forse un conflitto.

Per essere più pratici basta fare un esempio che ci riguarda tutti : l’essere umano è in relazione col pianeta e sembra che abbia smarrito da diverso tempo la bussola con la quale guardare all’insieme, siamo in ritardo nelle scelte sostenibili ed i calcoli macroscopici fatti dagli esperti un po’ ovunque ci raccontano di un futuro grigio se non interverremo subito ed in modo efficace. Lo spirito di conquista dell’uomo non ha tenuto abbastanza conto della relazione con l’ecosistema, la relazione è quindi diventata un po’ tossica, ci siamo in qualche modo allontanati da madre terra, cioè, noi come specie umana siamo un elemento tossico per il sistema globale, siamo invasivi, pervasivi,  e probabilmente il sistema se ne è accorto e forse sta prendendo dei provvedimenti … chi può escludere a priori che gli ultimi accadimenti pandemici non hanno una relazione diretta con questi fatti ? La riflessione è d’obbligo e si sta trasformando in una nuova presa di coscienza.

Ho da sempre il piglio di guardare al futuro,  e qualche lustro addietro ho cercato di immaginarmi le nuove religioni che sarebbero nate per sostituire quelle del presente. Pensate a cosa accadde quando l’impero romano, per lo più ancora pagano, decise di adottare il cristianesimo, che ormai aveva attecchito a Roma, con tutte le complicate dinamiche che nacquero dall’arrivo di una nuova religione di stato ed al contempo delle affascinanti ibridazioni che ciò fece nascere. Un esempio a me caro è il culto di S. Lucia che è una trasposizione del culto del sole, o per meglio dire della Luce, attraverso una delle tante vicende di martirio e che spesso hanno tinte fosche e truculente.

Accadrà qualcosa di simile anche nel prossimo futuro. Quali religioni nasceranno dunque? Credo che nel tempo avremo due religioni globali e per certi aspetti contrapposte : Ecologia e Tecnologia. I due primi sommi sacerdoti di oggi “S. Elon” e “Santa Greta” stanno già facendo molti proseliti, il solco è già tracciato.

Ci sarà una sempre maggiore attenzione verso la salvaguardia del pianeta e ciò scatenerà dei conflitti economici e finanziari di grande impatto, non si guarderà infatti più solo agli interessi immediati del profitto ma si terranno sempre di più in considerazione anche le conseguenze che ogni iniziativa porterà con se a vari livelli. Si stanno già riscrivendo le regole oggi, in questo momento così particolare nella nostra sensibilità, dobbiamo auspicare che avremo la corretta lungimiranza e capacità prospettica di visione quanto più ampia. La partita è davvero centrale per noi e per chi dopo di noi.

Allo stesso tempo, la progressiva robotizzazione cercherà di sostituire in tutto il lavoro dell’uomo, ed in questa logica l’uomo dovrà reinventare il proprio ruolo, considerando il rischio di una perdita di coscienza della relazione di causa ed effetto. Cosa significa? Significa che la facile tentazione di demandare la risoluzione di problemi complessi ad una macchina, e sempre di più agli algoritmi che già governano il nostro vivere quotidiano, deve essere sostituita il prima possibile da una nuova presa di posizione nei confronti di un insegnamento alla responsabilità. Per fare ciò è necessario fare due cose fondamentali come alfabetizzare digitalmente ogni fascia di età, secondo le proprie funzioni, ed introdurre da subito un nuovo modello di educazione alla relazione che sappia contemplare l’evoluzione possibile degli scenari. Se ciò non verrà fatto a dovere, accadrà che in un tempo molto più breve di quello che si crede, ci ritroveremo ad avere persone sempre più stupide, ovvero inadeguate, che vengono gestite da macchine sempre più intelligenti. Macchine alle quali si tenta già oggi di fornire una sorta di coscienza, così per come viene spesso raccontata, anche se sarebbe meglio parlare di una capacità di dare una risposta articolata, che per fortuna ancora oggi non è assolutamente l’equivalente di coscienza.

Riassumendo quindi i punti chiave : Business, Spirito, Ricerca, Futuro, Tecnologia, Religioni, Ecologia…Educazione, Coscienza, Relazioni…

Potremo ricercare lo spirito nella relazione armonica con l’ambiente e con tutte le forme di vita che lo abitano (e quindi a seguire anche con nuove terre sparse nel cosmo), e, potendola gestire con una sempre rinnovata intelligenza tecnologica, ottenerne un grande profitto da redistribuire secondo delle nuove e reali classi di coscienza, poiché chi ha più coscienza può garantire un maggiore e migliore futuro a tutti quanti.
È questo il più grande affare al quale possiamo aspirare. E questo è solo il mio “white paper” . Ad mayora.

Mi occupo di consulenza stategico-cognitiva  per il rilancio personale , professionale ed aziendale, chiedimi come fare per …

Alessio Micheli

Il mondo cambia

Che ci piaccia o no il mondo cambia continuamente, la storia si fa, gli uomini partecipano in modo attivo o passivo a questi eventi.

Per la mia generazione questi pensieri erano frasi fatte nel secolo scorso, per chi nel 2000 aveva fra venti e trent’anni tutto ciò sembrava un refrain di qualche nostalgico pessimista che un po’ più vecchio all’anagrafe viveva dei ricordi di una storia per noi lontana :  i nonni e la guerra, la fame e le ideologie … il tutto un po’ sfumato, abbastanza noioso, e forse poco importante.
Con l’avvento di internet e la globalizzazione al galoppo, la teoria ci suggeriva che le disuguaglianze sul pianeta si stavano assottigliando, i muri erano abbattuti e le regole erano teoriche e logore…eppure qualcosa non quadrava. I molti erano anestetizzati dal benessere che ben-essere non era, mentre altri (pochi forse in proporzione, ma in costante crescita) non sapevano bene il perché ma volevano complicarsi l’esistenza alternativamente fra  le patologie depressive o schizofreniche, oppure sentivano l’impulso interiore che gli raccontava che il mondo andava cambiato, anzi migliorato, che non era giusto, che la forma prevaleva sulla sostanza e che poco più in là nel tempo l’occidente si sarebbe svegliato bruscamente senza avere partorito sufficienti risorse per gestire il vero cambiamento che stava avvenendo…ma per la maggior parte delle persone forse era difficile  e troppo impegnativo capire tutti questi strani comportamenti in quel momento, lo era senz’altro per i governanti che leggendo alcuni dati potevano pensare che le cose andavano bene tutto sommato, c’era l’ – Euforia irrazionale – .
La preoccupazione più diffusa ad un certo punto sembrò essere quella che nella notte a cavallo fra 2o e 3o millennio ci sarebbe potuto essere il cosiddetto “millenium bug” ovvero che tutti i Personal Computers e sopratutto i sistemi di elaborazione dati di enti, delle banche, e delle aziende potessero andare “in palla” per il cambio di contabilizzazione dei numeri non ben previsto per i primi sistemi informatici e per i software … il pericolo però fu scampato e quindi il problema era rinviato e demandato alle profezie Maya, quindi CinCin !!

Non ha poi invece tardato il nuovo millennio a presentare il conto già nei suoi primi momenti, eh si, con il crollo delle Twin Towers il vecchio e semi dormiente occidente ha fatto subito una doccia gelata iniziando a dubitare di se stesso, se infatti l’America non era più al sicuro allora non  lo poteva essere più nessuno, e le reazioni egoistiche che hanno portato via via a destabilizzare i paesi arabi non ha di certo fortificato l’autostima dei popoli che hanno combattuto per la pace e la libertà allungando le braccia verso un pensiero inclusivo, esportare a forza la democrazia non è stato fatto come probabilmente andava fatto, e forse non era così d’obbligo.

Il secondo colpo al cuore è arrivato col fallimento, o per meglio dire con la presa di coscienza del fallimento, del sistema capitalistico attraverso il crollo della Borsa di Wall Street e quindi di buona parte del comparto bancario mondiale per l’effetto domino innescato dal crack di Lehman Brothers & friends …

Più o meno in concomitanza di quel  momento ho iniziato ad interessarmi di politica e di finanza perché guardando a quello che accadeva attorno a me capivo che il sistema non funzionava per nulla e, trovarmi a criticare in modo aprioristico ciò che non si conosce, ritengo sia una delle massime espressioni di ignoranza, nel senso peggiore del termine.

Il mondo comunque ha continuato a zoppicare fra una crisi e l’altra ed i cambiamenti sono stati così tanti, ritengo sostanziali anche se talvolta sotto traccia , i tanti eventi in contemporanea oppure in sequenza si sono presentati e più o meno tutti di grande portata. Non è il caso di farne una sintesi a fette grandi come ho appena fatto con le premesse, sarebbe senz’altro riduttivo e poco utile, ciò che invece vorrei fare, è raccontare un futuro che ho visto nella mia mente rimuginando all’inizio di questo Lockdown italiano. Per alcuni aspetti si tratta di qualcosa che in qualche maniera spero, una sorta di visione ottimistica ed ideale, mentre per altri aspetti purtroppo si tratta di cattivi presentimenti.

Oggi è il 4 Luglio, una data simbolica per gli USA, ma quest’anno sarà piuttosto triste per effetto sia del Covid-19 che delle grandi tensioni sociali che sono scoppiate, li più che altrove, dopo essere maturate come reazione alla miope governance sovranista oltre alle disuguaglianze mai sanate e che oggi arrivano quasi inaspettate.
Funziona così un po’ per tutto di questi tempi : nello stesso momento ci sono crisi ed opportunità, lavoro e problemi, idee e fallimenti, iniziative gloriose e la peggiore cronaca ecc ecc e tutto accade come in un singhiozzo, che prima non c’era poi c’è con il suo ritmo impulsivo e compulsivo per un tempo, poi sparisce … poi ne riparte un altro e via così … fare previsioni è difficile, così come lo è programmare nel medio periodo, eppure diventa ancora più necessario. Nel mentre bisogna abituarsi a correggere il tiro in corsa rimanendo flessibili ed adattabili per poter rientrare in carreggiata il prima possibile verso il proprio obbiettivo, sperando sempre  che esso possa restare lo stesso del momento della partenza. Qui da noi si sono appena conclusi gli “Stati Generali” e sembra che una macro-riflessione stia emergendo, come insieme.

Cosa accadrà quindi in futuro ?
Quale sarà il sestante al quale potremo riferirci ?
Quali strade conviene percorrere e meglio ancora precorrere ?

Credo che i settori più importanti che ne coinvolgeranno molti altri a mo di indotto saranno i seguenti :

GREEN : sarà il motore trainante dell’economia dei prossimi decenni con una quantità di soluzioni oggi impensate ed impensabili. Le infrastrutture pubbliche così come le utilities private dovranno guardare a questo pilastro del modo di fare le attività rivolgendo l’attenzione al pianeta che sta gridando la parola “equilibrio”. La nuova mobilità sostenibile sarà un pilastro del nuovo modello che è al principio di una nuova evoluzione. All’opposto invece i grandi consumi ed i relativi sprechi saranno destinati all’industria aerospaziale che avrà via via un ruolo centrale per le nuove generazioni.

TECNOLOGIA : Quella della mente sopratutto, cioè di una nuova frontiera pervasiva dell’interfaccia uomo e macchina, che andrà quindi a coniugare i due mondi del benessere personale con l’informatizzazione e l’automazione di ogni cosa. Dovremo rivedere i modelli di apprendimento, quindi tutto l’impianto relativo all’insegnamento, che dovranno considerare il “come ragiona una macchina” e dovremo imparare a gestire in modo sempre più efficiente la crescita e la varietà dei dati con i quali dovremo relazionarci.

DIRITTI : Il terzo settore dovrà essere super strutturato per consentire il cambiamento già iniziato, ovvero,  i servizi saranno sempre più a misura d’uomo se la società saprà trovare quelle nuove grandi idee per gestire la collettività che avrà dei repentini cambi di scenario a causa del calo di lavoro e con una diversa necessità di sapere gestire il tempo, il tutto sarà sempre di più monitorato dalle istituzioni. Un esempio in prospettiva sarà la tassazione alla fonte per tutti (Una grandissima sfida per gli Italiani 🙂 ) che verrà gestita senza una differenziazione di inquadramento. Ciò però sarà possibile solo con una rivoluzione delle politiche fiscali e con l’introduzione di sistemi informatici allineati.

INFORMAZIONE e SALUTE : Qui si giocherà la grande partita della garanzia delle libertà, sarà una sfida sempre più alta e sempre più complessa poiché già oggi sono i social media a determinare buona parte dell’opinione pubblica. L’informazione, inoltre, sarà a maggior ragione il sinonimo dello stato di salute di una società articolata come quella che si andrà a configurare. La salute vera e propria stessa, tema quotidiano di questi mesi, così come l’informazione libera, determineranno grazie al loro accesso, inedite geometrie sociali, risvolti ed impatti sull’eco sistema delle nuove classi e dei comparti che devono ancora essere rimescolati. I criteri saranno davvero nuovi, innovativi e stravolgenti.

E il LAVORO? Quello sarà sempre meno per come lo conosciamo, lavoreremo meno ore e con minore fatica fisica e psichica, la  fatica sarà più di tipo emotivo nel dover imparare a gestire le attività ma senza una continuità come è stato fino a poco tempo fa. Il cambio di abitudini potrà generare alcuni disturbi in una prima fase, ma col subentro via via delle nuove generazioni esse impareranno nuovi ritmi che assomiglieranno sempre più alla modalità digitale che è in grado di interrompere un qualsiasi compito e poi riprenderlo senza errori in esatta continuità senza dover ripercorrere il passato.
Le insidie maggiori saranno anzitutto di tipo cognitivo, ad esempio, per chi non ha memoria di fatto ha alcuni vantaggi ma ciò può essere molto pericoloso per se e per gli altri a causa dell’assenza di empatia, in sintesi una troppa razionalità a discapito delle parti più sensibili. Sul fronte opposto invece per chi è molto affezionato al passato c’è il rischio di rimanere tagliato fuori nel momento dei cambi epocali, ciò sta già accadendo oggi sia per alcuni anziani sul piano personale, che per le aziende che hanno dovuto volgere obbligatoriamente allo “Smart working”. In entrambe i casi il gap cognitivo di abilità nell’utilizzo delle tecnologie ha già creato dello stress ed ha descritto alcune delle future nuove discriminazioni.
Un’altra riflessione importante deve essere fatta in relazione all’utilizzo dei big data, che, se saranno usati per dei fini poco etici, andranno a creare delle situazioni inedite e spiacevoli, i dati sono importanti ma se male interpretati risultano piuttosto stupidi, vedasi il concetto di rating bancario negli ultimi 15 anni.

Sembrano  scenari che fino a qualche anno fa erano relegati ai soli raconti di fantascienza, ma le cose stanno accelerando e ne vedremo senz’altro tanti altri,  ognuno dei quali conterrà il seme di quello successivo, senza forse tuttavia darci il “giusto” tempo di meditare a sufficienza come insieme. Saremo probabilmente obbligati per così dire nel dover essere adeguati ad ogni novità.

Il mondo quindi cambia, noi possiamo cambiare, anzi dovremo cambiare ed in questi ultimi mesi siamo già di molto cambiati. Ce ne siamo accorti ?

Alcune Fonti

Web :
https://www.agi.it/economia/news/2020-03-13/peggiori-crolli-storia-borsa-7462464/
https://it.wikipedia.org/wiki/Millennium_bug
https://www.neuralink.com

Libri :
Euforia irrazionale. Alti e bassi di borsa. – di Robert J. Shiller
100 cose che non sai sulla tua MENTE – Surendra Verma

Films :
The Final Cut – di Omar Naim
Minority Report – di Steven Spielberg
Prometheus – Ridley Scott

Ynnovazione

Definizione : “Modificare introducendo elementi di novità, modernizzare“.
Bene! Partiamo proprio da qui per questo breve ragionamento sul tema dell’innovazione.
Ci sono molte parole che vengono abusate con facilità nella vulgata nel mondo del business e della comunicazione ad essa collegato, come ad esempio : sostenibilità, etica, opportunità ecc ecc… e fra queste c’è anche Innovazione.
Innovazione infatti è anzitutto un concetto, che poi diventa un fatto, che nella realtà è piuttosto relativo. Per capirci in modo facile, se decido dal parrucchiere di tingermi un ciuffo di colore verde e non l’ho mai fatto, penso di essere innovativo per l’immagine che ho di me stesso e che fino a quel momento ho trasmesso agli altri, ed è così in effetti, ma ciò non significa che abbia inventato la moda del ciuffo verde che ormai molte altre persone hanno già provato prima di me.
Fin qui non abbiamo forse detto nulla di nuovo (di Innovativo ;-). Quando però si affronta il tema del volere essere innovatore/trice, e magari ci si definisce tale come persona o come azienda, con i propri prodotti e servizi, nasce la necessità di rispondere ad una verifica sul come e perché ciò può essere reale, ovvero più oggettivo.
Innovazione e rinnovamento infatti necessitano di una cornice, di un contesto più ampio nel quale si possa condividere questo modo di considerare ..cosa definisce quindi un’idea innovatrice? ..un prodotto o un servizio innovativo? .. una azienda, una mente? È una domanda dalla difficile sintesi che proverò comunque ad evadere facendo una sorta di profilazione con una schematizzazione che spero possa orientare almeno per una introduzione al tema.

#Innovazione di insieme (deve definire il numero e target di questo insieme)
#Innovazione storica (contiene anche parallelisimi ed adattamenti di applicazioni)
#Innovazione di applicazione (non può contemplare “copia e incolla” di nessun tipo)
#Innovazione di definizione (necessita di tracciabilità e di origine)
#Innovazione di processo (accetta tutte le defezioni di tutti i precedenti concetti ma deve essere inequivocabile)

Ognuno di questi cinque punti contiene delle prerogative con le quali potersi confrontare per poter misurare una propria idea ed iniziativa, non è necessario essere dei guru di un settore e neppure avere grandi competenze per poter essere innovaviti, questo è il grande vantaggio di questo aspetto della mente umana, ciononostante non basta avere avuto un’idea per potersi definire un genio ed ancora meno per fare fruttare questa nuova idea.

Alle aziende e le professioni del futuro già oggi si richiede la continua capacità di essere nuovi, innovativi ed efficaci nelle proprie proposte, ed è questo che le aziende sia di produzione di prodotti che di prestazione di servizi dovranno necessariamente imparare sempre di più a fare propria per distinguersi e presidiare i mercati appena nati e sopratutto quelli che nasceranno nei prossimi decenni. La sfida è davvero avvincente!!

Se questo tema è di tuo interesse, ho realizzato un corso che si chiama proprio così, vai alla pagina :

Ynnovazione

Alessio Micheli

Kintzugi Way

THE KINTZUGI WAY o anche “CREPARE … e TORNARE MIGLIORI”

Intro :

Il Giappone è una terra di antiche tradizioni, è anche fucina di recenti e costanti innovazioni tecnologiche, ma sopratutto io la ritengo la terra della disciplina.
Qui il concetto di disciplina è amplificato e vissuto come sacro, con i suoi eccessi quindi, eppure c’è un costante senso estetico che pervade molte delle attività giapponesi. Una di queste è la tecnica del kintsugi, la cosidetta “arte delle preziose cicatrici”. Quando una ciotola, una teiera o un vaso prezioso cadono, facilmente noi li buttiamo con rabbia e dispiacere, eppure c’è un’alternativa, una pratica giapponese che fa l’esatto opposto: evidenzia le fratture, le impreziosisce e aggiunge valore all’oggetto rotto. Si chiama kintsugi (金継ぎ), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente oro (“kin”) e riunire, riparare, ricongiunzione (“tsugi”).
Come è facile intuire questa pratica è una delle molteplici metafore del modo di vivere di quelle terre diventata così un’arte. L’arte di abbracciare un danno, un fatto imprevisto, magari violento, ma anche l’arte di non vergognarsi delle ferite, delle cicatrici, fisiche senz’altro ma anche emotive e sopratutto relazioni.
È la sapienza di porre un ottimo rimedio ad una rottura, alla separazione. Facendo il parallelo infatti, se nella tecnica si prescrive l’uso di un metallo prezioso, che può essere oro o argento liquido o lacca con polvere d’oro per riunire i pezzi di un oggetto di ceramica rotto, esaltandone le nuove nervature create, la trasposizione della tecnica può, e dovrebbe, suggerirci come si possa gestire al meglio il valore di una relazione solamente aggiungendole ulteriore valore, rendendola ancora più unica ed inimitabile. In questo modo le cicatrici diventano una sorta di bellezza da poter esibire anziché un problema da dovere in qualche maniera nascondere le piccole o grandi ferite che lasciano tracce diverse su ognuno di noi.
Vale la pena di investire un po’ di tempo per leggere cosa narra la leggenda che spiega come sia nata questa arte.
Durante il governo di Yoshimasa si assistette allo sviluppo dell’Higashiyama bunka, un movimento culturale fortemente influenzato dal buddhismo zen che diede origine alla cerimonia del tè (anche Sado o via del tè), all’ikebana o (anche Kado, via dei fiori), al teatro No, alla pittura con inchiostro cinese. Il kintsugi ci suggerisce dei paralleli suggestivi.
Non si deve buttare per forza ciò che si danneggia, che si spezza, ciò che diventa deforme. Con il sapere e con il saper fare quell’evento non ne rappresenta una fine ma un possibile nuovo inizio poiché si può tentare di recuperare, e nel farlo ci si guadagna, si diventa più resilienti.
(Rivisitazione dall’articolo di Stefano Carnazzi su Lifegate.it)

Films :
“Constantine” di Francis Lawrence
“The Final Cut” di Omar Naim
“Steve Jobs” di Danny Boyle

Musica :
“Nobody’s Fault But My Own” di Beck
“Gli Angeli” di L.Dalla – G.Morandi

Commento :
<< Fare e disfare è tutto un lavorare >> così dice la traduzione di un proverbio dialettale delle mie parti, ovvero, che si crei o che si distrugga tutto fa parte del “gioco” che è esattamente la conferma della – legge della conservazione della materia – di Antoine-Laurent de Lavoisier, ma dai contenuti meno raffinati anche se altrettanto pratici e della quotidianità.
Oggi mi piace portare tutte queste considerazioni al focus del mondo delle relazioni e sopratutto degli effetti che queste generano in noi quando arrivate ad un punto di svolta come una frizione, un attrito o ancora una certa forza che ne aumenta la distanza fra i due capi, arrivano a distorcere quella forma e la funzione che rappresentavano quando si sono create.
Cosa accade quindi quando due realtà non sono più sinergiche, coordinate verso un obbiettivo condiviso? Semplicemente si sprigiona quell’energia che prima era dedicata a tenere saldo quel legame. Quella certa energia assume nel prosieguo diverse forme e non di rado diventa una parcella per gli avvocati, si, in Italia capita abbastanza di frequente, ci piace la battaglia intellettuale e dialettica, siamo abituati così da lungo tempo. Il peccato è che ormai questo meccanismo è tanto frequente quanto sconveniente, eh già perché paradossalmente tutto ciò in qualche modo e per un certo tempo lega ancora di più le parti che volevano interrompere o almeno mutare la natura della propria relazione … capita quindi che anziché diventare un commiato, la relazione si rinsalda per così dire nella sofferenza/performance di una battaglia nella quale spesso non ci saranno vincitori ma facilmente solo dei vinti.
La dinamica è presente un po’ in ogni tipo di relazione ma qui mi soffermerò solo su quelle di tipo professionale.
Quando una relazione è a fine corsa e si avanzano dei crediti a vario titolo nei confronti della controparte è necessario distinguere ciò che è una eventuale battaglia legale per ottenere quello che numericamente si ritiene di dovere avere da tale controparte, dal sottile inganno che questa battaglia può nascondere, mi riferisco a quella momentanea incapacità di lasciare andare l’altra parte per essere subito pronti ad una nuova relazione e recuperare quanto prima la “perdita subita”, che non di rado può invece essere un vero e proprio terno al lotto. Insistere infatti in una cosiddetta “relazione tossica” è uno dei peggiori modi di restare vincolati ad un’idea che ci rende schiavi della recriminazione a svantaggio di una nuova, migliore, performance di business.

Mi occupo di rilancio personale, professionale ed aziendale e sono specializzato in comunicazione relazionare, chiedimi come fare per…

Alessio Micheli

Effetti In-Desiderati

Libri :

“Vita di Pi” di Yann Martel
“B/REL3” di Alessio Micheli
“Le avventure di Arthur Gordon Pym“ (incompiuto) di Edgar Allan Poe

Films :
“Sliding Doors” di Peter Howitt
“Operazione Valchiria” di Bryan Singer
“Wall Street – Il Denaro Non Dorme Mai” di Oliver Stone

Web :
Linkiesta.it (del 28/7/17)
siamodemoda.wordpress.com (del 10/05/2017)

Commento : 

“Il famoso attore Antony Hopkins aveva assolutamente bisogno del libro scritto da George Feifer per poter interpretare il suo personaggio in “La ragazza di Via Petrovka”. Cercò in qualsiasi libreria ed alla fine lo trovò per caso in un parco su una panchina. Un giorno i due si conobbero e lo scrittore disse che nemmeno lui era in possesso di una copia del libro e che l’ultima che aveva se l’era dimenticata in un parco.”

Spesso accade che i nostri migliori propositi non bastano per ottenere quanto avevamo previsto, abbiamo un impulso, magari un obbiettivo e se siamo bravi, o fortunati, il nostro obbiettivo è chiaro davanti ai nostri occhi, lo vediamo bene e sappiamo almeno in via intuitiva che lo otterremo. Poi può accadere davvero di tutto, ci imbarchiamo in questa nuova avventura ed il cammino segue dei passaggi imprevedibili, sicuramente ci sarà qualche difficoltà imprevista, non di rado anche una grande sorpresa a nostro favore proprio quando stavamo per arrenderci.
Il training sportivo di alto livello sta via via insegnando agli atleti che le competizioni si vincono prima ancora che con la performance corporea nella propria testa, fanno esercizi di prefigurazione per fare una corsa, percorrere un circuito, anche una partita di sport collettivo che però ha molte più variabili poiché gli attori in campo sono tanti, differenti tra loro, ed il tempo dell’evento è molto più lungo. Durante la competizione accadono molte cose incredibili sia in un senso che nell’altro, basti pensare agli ultimi mesi nei quali è accaduto che la squadra di calcio del Barcellona ha ribaltato il risultato dell’andata dei quarti di finale di Champions League, quando ormai in svantaggio di quattro goal, è riuscita nella storica impresa di vincere e passare il turno facendo sei goal agli avversari del PSG durante la partita di ritorno, e ciononostante il turno successivo ha però poi perso prendendo tre goal dalla Juventus che, diventata in quel momento la probabile favorita del torneo, ha invece poi perso in modo eclatante la finale di coppa con il solito Real Madrid.
Alle Olimpiadi il re della corsa giamaicano Usein Bolt, dichiarato ormai l’uomo più veloce del pianeta ha invece finito zoppicante la sua ultima gara mentre tutti già lo vedevano per un’altra volta sul podio più alto. E ancora, la famosa nuotatrice connazionale Federica Pellegrini che, inaspettatamente anche per se stessa, ha invece trionfato vincendo ancora una volta l’oro olimpico….e via così, questi sono solo alcuni dei recenti grandi avvenimenti sportivi dagli esiti inaspettati.

Comunque sia, anche se è fondamentale prepararsi a tutti i livelli, le cose non vanno quasi mai esattamente come le avevamo organizzate a tutta prima nella nostra mente.
Quindi, se sei Antony Hopkins e stai cercando un libro non c’è problema, ma se ti chiami Richard Parker non fare troppi viaggi sulle imbarcazioni!! … è un consiglio da amico …

Ci piace sfidare i nostri limiti, è una cosa che ci appartiene da sempre e continuerà a spingerci sempre oltre il già conosciuto, dicono che presto potremo arrivare su Marte, e ci sembra già scontato che accada, dopo avere visto ripetutamente, anche solo nei film, per venti-trent’anni questi scenari predditivi siamo in qualche modo capaci di realizzare quello che per prima cosa è stata solo un’idea, un azzardo della mente, un rischio irrazionale.

“Non doveva finire così. Il gioco del Monopoli, che nella sua forma attuale traduce – anzi, celebra – i vizi del capitalismo arraffone e del land-grabbing, era nato con tutt’altro scopo. Doveva far comprendere ai giocatori i benefici di una tassazione giusta, dalla quale tutta la comunità avrebbe tratto giovamento. Questa storia alternativa viene ritrovata da The Atlantic, che in un interessante articolo racconta la vita e le idee di Elizabeth Magie, la prima e vera ideatrice del gioco. Controcorrente, ribelle e femminista, Elizabeth Magie (nata nel 1866) era un personaggio notevole della sua epoca. Aveva già fatto parlare di sé per un annuncio pubblicitario shock, in cui si offriva come “giovane schiava americana”, e denunciava la condizione subordinata della donna nella società. Ma le sue battaglie, che non comprendevano il genere delle parole ma solo quelle delle persone, erano comunque a più ampio raggio. Ad esempio, riguardavano il sempre più potente sistema capitalista della proprietà.
Ispirata dal volume del pensatore ed economista americano Henry George, – Progress and Poverty -, in cui veniva predicato che “il diritto uguale di tutti gli uomini di usare la terra è evidente come quello, uguale, di respirare l’aria: è rivendicato dal fatto della sua stessa esistenza”. Ma, come aveva notato lo scrittore nei suoi viaggi, la sua idea era ben lontana dalla realtà: la distribuzione della terra era iniqua e, di conseguenza, ne sarebbe stata la ricchezza personale. E allora, quale soluzione si poteva adottare? Semplice: tassarla. Il ragionamento era semplice: il valore di una terra non è dato solo da ciò che viene costruito sopra, ma dalla sua ricchezza naturale e “sociale”, relativo cioè a tutto quello che esiste intorno. Case, scuole, economie più o meno funzionanti. Tassare la terra sarebbe stato necessario perché sarebbe finito a vantaggio di tutti. Ed è qui che Elizabeth ha la sua idea geniale: usare un gioco da tavolo per far capire a tutti i vantaggi della ricchezza condivisa. Per la prima volta viene pensato secondo un percorso, che i diversi partecipanti devono seguire, inframmezzato di terre e costruzioni, dazi e multe. Magie (e questo non si sa) fornisce due sistemi di regole: il primo, chiamato “Prosperity”, prevedeva che, ogni volta che un giocatore avesse acquisito una nuova proprietà, anche tutti gli altri guadagnassero qualcosa. Era l’effetto pratico della tassazione del valore delle terre e della redistribuzione della ricchezza. Il gioco sarebbe finito (e vinto da tutti) quando il giocatore che partiva con la somma di denaro minore avesse raddoppiato la sua ricchezza. Il secondo sistema, chiamato “Monopolist”, era più o meno come il Monopoli moderno: i giocatori si accaparravano terre, costruivano servizi e si prendevano i guadagni da chi ci passava sopra. Il vincitore era chi riusciva a mandare in bancarotta gli altri. Di fronte ai due sistemi di gioco, sperava Magie, le persone avrebbero compreso, come grazie a una dimostrazione pratica, come due diversi tipi di società (oltre che di gioco) fossero possibili. E come il primo, cioè il “Prosperity”, fosse da preferire. “Potrebbe essere chiamato Il gioco della vita, perché sono presenti tutti gli elementi che determinano il successo e il fallimento nel mondo reale. E l’obiettivo è lo stesso che si pone la specie umana in generale, cioè l’accumulazione di ricchezza”.
Come poi si sia imposto solo un sistema di regole è frutto/colpa del successo del gioco. Venne ceduto, in uno dei suoi adattamenti, da un uomo disoccupato – Charles Darrow – all’azienda di giochi Parker Brothers, spacciandolo come suo. Come è ovvio, grazie ai diritti delle vendite Darrow divenne miliardario. Fu, in un certo senso, un colpo ironico della storia. E la dimostrazione reale, concreta, evidente, che il sistema “Monopolist” sia molto più forte del “Prosperity”…

Mi occupo di rilancio personale ed aziendale, di pianificazione atttaverso il format “9TM” – The Nine Times Management – chiedimi come fare per …

Alessio Micheli

La Forma dell’ Essenza

Libri :

“Cattivi Maestri” di A.Gnocchi e M.Palmaro
“Mediapolis” di Roger Silverstone

Films :
“Ex Machina” di Alex Garland
“Essere John Malkovich” di Spike Jonze
“La Migliore Offerta” di Giuseppe Tornatore

Musica :
“Deliziosa Abbondanza” di Cristina Donà
“È non è” di Nicolò Fabi

Commento : Essenza e Forma

Un tema centrale e futile, antico così come lo è la nostra mente che cerca di farsi un’idea e che spesso si inganna in questo tentativo. Così, la discriminante fra la forma e l’essenza spreca molta, a volte troppa, energia della nostra mente incapace di indagare più in profondità.
Il contenitore non è il contenuto e ciononostante il primo apprezza il secondo facendosi custodia forse per utilità pratica, forse per una esigenza estetica o forse ancora per un semplice caso.
La bellezza è quindi nell’occhio di chi guarda, e quindi in fondo nel contenuto di chi la guarda, eppure questo contenuto, una certa essenza, valuta, giudica e discrimina una forma che suggerisce e racconta una presunta verità circa il proprio di contenuto.

Le abitudini mentali, i proverbi e le superstizioni si dice spesso che sono portatori di una essenza profonda, di una sapienza. Personalmente, credo che tutte queste manifestazioni del nostro mondo interiore/esteriore sono ancorate comunque ed ovunque alle forme del tempo.
Ma se i tempi cambiano esse quindi non valgono più, o almeno non valgono più come prima, ed i tempi stanno cambiando più velocemente del solito, almeno così sembra per la forma con la quale essi si manifestano.
Forma ed essenza non sono antitesi, sono entrambe causa e conseguenza l’una dell’altra, sono sempre presenti eppure facilmente fraintese.

“Scarpe grandi cervello fino” , “Macchina grande stabilità economica”, “Cravatta uguale professionalità ed intelligenza”, “Viso regolare è persona amichevole”, “Forme attraenti successo assicurato”, “Disordine significa incompetenza”, “Una presenza costante è una conferma di rispetto e di fedeltà”, “Il ritardo è presagio di guai e complicazioni” ecc ecc ecc, e sono tanti gli schemi che ci accompagnano e che affondano le radici nelle dicerie di un tempo che oggigiorno cercano di adattarsi ai tempi più moderni creando dentro e fuori di noi un mondo di convinzioni nella maggior parte dei casi banali ed insufficienti come un reale metro di valutazione razionale.
Eh si perché di valutazione razionale abbiamo bisogno e non solo delle emozioni e degli istinti dai quali fatichiamo a distanziarci anche per poco come collettivo di specie, nonostante la corteccia cerebrale sia apparsa da ancora troppo poco tempo come stadio evolutivo.

Adoro questo terzo millennio che sta rimescolando un po’ tutte le carte da gioco sul tavolo della contemporaneità. Quando penso che fra i più grandi imprenditori mondiali degli ultimi venti-trent’anni ci sono ad esempio alcuni ragazzotti in jeans e felpa col cappuccio davanti ad un personal computer, oppure dei magnati mediorientali vestiti con turbanti e kaftan o thobe, mentre ancora buona parte della classe dirigente occidentale si ostina nei suoi cerimoniali di giacca&cravatta nel decidere se una persona è valida o meno senza fare ulteriori passi avanti nella comprensione di quelle che ormai vengono riconosciute come le attitudini fondamentali e trasversali, le cosiddette “Soft Skills”, per capire e conoscere meglio una persona, ecco detto che la forma ancora oggi oscura l’essenza, la nasconde e magari un po’ la protegge.

Ma cosa è poi questa essenza? Nessuno lo ha mai spiegato, e non è poi così semplice spiegare qualcosa che effettivamente non può essere ridotto a semplici schemi.
La forma da una conferma o una smentita mentre l’essenza rimane se stessa.
L’essenza non può cambiare ma può assumere una qualsiasi forma.
L’acqua è l’esempio migliore che abbiamo a disposizione, la si può deformare, imbrigliare, trasformare in mille e mille forme, eppure essa rimane se stessa, può giocare con infinite trasformazioni ma rimane sempre e comunque fondamentale ed indissolubilmente se stessa, unica nel micro ed unita nel macro.

Ma cosa ci interessa tutto questo nel mondo del business?
Cosa ha a che fare con la consulenza? È utile? Come?
Perché mai si dovrebbe dare come nome alla propria azienda CONSULENZA ESSENZIALE?

La prima risposta è tecnica, più di superficie, ed ha a che fare col fatto che se l’obbiettivo dichiarato è quello di essere di aiuto alle aziende (questa è la missione, quindi l’essenza), il fatto di avere molteplici servizi a corredo di questo obbiettivo, anche se cambiano nel corso tempo, è connaturato con i tempi che corrono, e ciò non è altro che una conferma della propria dichiarazione di intenti.
Una ulteriore risposta va colta, per chi vuole, un po’ più in profondità e non sarà di certo la riposta perfetta. La forma perfetta non permette un ulteriore cambiamento, è immutabile, non evolve in una forma migliore. Ho capito nel tempo che una cosa è tendere a migliorasi mentre il credere di essere arrivati ad una qualsiasi vetta è un pò come una dichiarazione di resa.
Resistere a fare tutto in modo – in teoria – perfetto è un grande atto di umiltà verso i propri limiti, e questo non significa arrendersi ad essi ma anzi accoglierli per migliorarli. Lasciare consapevolmente all’altro la possibilità di criticare quello che facciamo è uno dei modi migliori di mantenere viva una relazione, è infatti nella sua dinamica di possibile miglioramento che una relazione resta utile. Risultare sempre impeccabili può sembrare una buona cosa, ma probabilmente nasconde dosi di vanità e seduzione ed alla lunga può deludere, accettare e farsi accettare invece crea delle relazioni solide e durature.
Può sembrare impopolare e controproducente in un mondo che vende e compra le migliori ricette per essere super, inattaccabili e sempre al top, ma basta pensare come ciò che è perfetto in un certo luogo ed in un certo tempo non lo è in un altro. Quello che sembra inarrivabile è esattamente così, quindi alla fine è poco interessante, almeno così a me sembra.
Possiamo sapere bene a memoria una bella recita, una bella frase scritta con i migliori canoni stilistici, conoscere le migliori tecniche di persuasione e di comunicazione, possiamo fare la più grande performance che ci sia mai riuscita eppure essa deve essere inferiore alla prossima che faremo e non deve mai escludere dal risultato il beneficio del nostro interlocutore e non quello che saremmo tentati di considerare come tale ma quando in realtà è magari una mera soddisfazione del solo unico nostro bisogno. Cosa difficile in principio forse, l’unica importante nel medio lungo periodo se si ha la capacità di guardare davvero lontano.
Lasciamo quindi che gli errori ci guidino verso la migliore versione che deve ancora arrivare, e speriamo che essa sarà un po’ sbagliata nella forma cosicché l’essenza possa manifestarsi e dialogare con il resto, con ciò che c’è fuori da essa, almeno per non rischiare che la forma venga abbandonata da quell’essenza che cerca sempre una nuova e migliore forma.

Mi occupo di Consulenza Strategico-Cognitiva, chiedimi come fare a…

Alessio Micheli

Lotta per la Fiducia

Libri :

“Cinque chiavi per il Futuro” di Howard Gardner
“Decisioni” di Hammond-Keeney-Raiffa
“Lavorare con Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman

Films :
“La Ricerca della Felicità” di Gabriele Muccino
“La Grande Scommessa” di Adam McKay

Musica :
“Il Gatto e la Volpe” di Edoardo Bennato
“Baby Fiducia” degli Afterhours

Commento : Fiducia SIoNO

“Fidati di me!!”…“Puoi fidarti!”…”Te lo posso garantire”…”Ho sentito dire che..”…”Date una garanzia?”…”Siamo assicurati!”..ecc ecc ecc ecc
Quante volte vogliamo e vorremmo sia avere che poter dare una garanzia. Già. Ho pensato di attivare un nuovo servizio che sarà senz’ombra di dubbio il business di questo inizio secolo :
– LA COMPRA-VENDITA DELLA FIDUCIA –
Non sto scherzando, i lavori sono già avviati da qualche tempo, si tratta solo di convincere tutti gli investitori ed il gioco è fatto!
Può sembrare una sintesi un po’ forzata ma non dista di molto da tante altre iniziative nei settori più disparati.
Quasi tutta l’attvita imprenditoriale si basa e si alimenta attraverso un principio di fiducia.
Fiducia in se stessi anzitutto, e nonostante tutto (errori, mazzate, fregature, burocrazie, qualche sfighetta e diverse disattenzioni); ma anche fiducia che l’altro ci possa capire e comprendere, che possa darci fiducia, che creda nella bontà dei nostri propositi, che ne veda la luce e la benevolenza, che abbia risorse di tempo e di denaro per confermarci la fiducia che andiamo a chiedere, che in qualche modo vendiamo e talvolta regaliamo; e poi, poi, c’è la fiducia che le cose vadano bene una volta che abbiamo passato la palla, che il nostro “compagno di squadra”, chiunque esso sia e qualunque ruolo ricopra nella relazione con noi, non sbagli nulla, non complichi le cose, fiducia che le cose non siano di per se già complicate; ed una volta compiuto bene il nostro lavoro resta anche l’ultima e oramai costante grande incognita, si sì, proprio quella, che finalmente dopo tutto il lavoro svolto e condiviso il nostro sforzo venga giustamente ricompensato.

Sciak!! Ho pestato una bella “M” vero?!!?
È già partito il nastro?
Siete già andati mentalmente ed emotivamente (e spero proprio non fisicamente) a prendere il lanciafiamme??

Siamo tutti vittime e tutti carnefici in qualche senso, il meccanismo si è grippato e dobbiamo imparare ad oliarlo ex-novo con nuovi lubrificanti, più performanti, sennò l’attrito ci inchioderà lì dove siamo ora.

Ecco una delle sfide quotidiane che personalmente mi trovo ad affrontare talvolta da una angolazione e talaltra da altri punti di osservazione di questa dinamica.
E capita a molti se non a tutti il doversi domandare costantemente se ciò che stiamo facendo, ascoltando, accettando e proponendo ha le gambe per reggersi, per camminare e magari correre e saltare.
Magari non servono esempi, ognuno ne ha alcuni, nel dubbio tuttavia mi va di citare due situazioni parallele e contemporanee nella stessa dinamica di relazione.

– Tizio A che propone qualcosa a Tizio B –

A :
Dopo avere chiamato al telefono presso gli uffici dell’azienda di B, che non è riuscito a sentire direttamente poiché troppo impegnato, riesce a fissare un appuntamento a 80Km di distanza nella vicina e caotica città.

ELENCO DEI DUBBI :
È l’azienda giusta?
Mi sono spiegato bene al telefono?
Mi avrà capito bene la persona che ha risposto?
Avrà riportato correttamente le informazioni preliminari?
A distanza di 4-5 giorni, B, non cambierà la propria agenda?
Non avrà un impegno improvviso?
Mi dedicherà il giusto tempo?
Gli servirà ciò che proporrò?
Avrà denaro da investire?
Una volta intrapresa una qualsiasi attività, la porterà a termine?
Una volta conquistata la benevolenza di B sarà poi fatto bene il lavoro dai miei colleghi/partners?
Con quali tempi?
B ne sarà soddisfatto?
Pagherà?
Con quali tempi?

B :
Dopo che A ha chiamato/scritto in azienda, ed è per B l’ennesimo venditore o consulente, dei quali ritiene c’è ne siano fin troppi in circolazione, ma con i quali è comunque utile e talvolta indispensabile confrontarsi per poter sapere cosa offre il mercato, e visto che A è riuscito a fissare un appuntamento presso la sua azienda…

ELENCO DEI DUBBI :
È l’azienda giusta per la mia attività?
A è la persona giusta?
Risolverà qualche mio problema?
Si sarà spiegato bene al telefono?
Quali sono le sue reali intenzioni?
Avrà capito bene la persona che ha risposto per me?
Avrà riportato correttamente le informazioni preliminari?
Il giorno fissato avrò tempo da dedicare?
Potrei avere un impegno improvviso?
A mi porterà via solo del tempo prezioso?
Mi potrà servire ciò che propone?
Se fosse qualcosa di utile avrò poi il denaro che serve?
Investirò bene il mio denaro?
Una volta intrapresa una qualsiasi attività, A la saprà portare a termine?
Sara fatto bene il lavoro?
Con quali tempi?
Io ne sarà soddisfatto?
Avrò migliorato effettivamente la mia situazione ?
In quali tempi?

Ecc ecc ecc ecc, e questo è solo un esempio…

Forse è sempre stato così e forse no, sembra tuttavia che ci sia sempre poco tempo ed ancora meno risorse, ma probabilmente in molti casi in realtà è solo cambiata la percezione della relazione.
Tutti vogliamo tutto e subito, lo vogliamo fatto bene e senza intoppi, siamo diventati un po’ più più sfiduciati, ogni tanto pure pessimisti. Da cosa dipende? Alla fine sempre e comunque da noi, dalle nostre capacità che devono adeguarsi ai tempi che corrono, che cambiano e ci obbligano a cambiare.

Ricetta : Una buona organizzazione del tempo e delle risorse, costante apertura al dialogo, aumentare l’abilità nel trasformare ogni situazione pensando non solo a se stessi, portare rispetto per l’altro, rispetto per le differenze di età, di estrazione, dei modi di dire-fare-essere-comunicarsi-sapere-tempi, capire che l’altro è lì per me così come io lo sono per l’altro, stabilire chi è meglio di noi, imparare da chi è meglio, imparare anche da chi non lo è, nutrire la speranza che pure un pizzico di fortuna sia per noi, credere che essa sia una certezza, restituire sempre qualcosa, assicurarsi che l’altro ne goda, essere onesti con sè e con l’altro, ringraziare interiormente e possibilmente esteriormente, creare la condizione di complicità e collaborazione nella relazione, continuare a “giocare”, rinunciare ai pregiudizi, alle vecchie abitudini, ed essere sufficientemente curiosi da adottarne di nuove … per il resto..

Mi occupo di consulenza strategica, prima cognitiva e poi tecnica. Chiedimi come fare per …

Alessio Micheli

Volontà & Chiarezza

« Se non dovessimo trovare i soldi per i progetti, ebbene, li stamperemo »
(Robert Mugabe, citato dal Washington Post)

Libri :
“I Sette Pilastri del Successo” di Stephen R.Covey
“Il Ritratto di Dorian Grey” di Oscar Wild
“La Domanda Inevasa” di Luca Antonini

Films :
“7 anime” di Gabriele Muccino
“Unbroken” di Angelina Jolie
“Fight Club” di David Fincher

Musica :
https://www.youtube.com/watch?v=RruDYGIx1Ak

Commento : Volontà + Chiarezza

La volontà è una spinta incredibile, è una forma di energia che spesso non la si può spiegare, nemmeno la si vuole spiegare, forse non c’è bisogno di spiegarla, è una radice spirituale che governa molti dei nostri destini e che influenza il futuro personale, relazionale e talvolta collettivo. Mi sono interrogato spesso su cosa sia effettivamente e quale sia la qualità di questa cosa, mi sono chiesto se le volontà personali non vengano confuse e molte volte non siano altro che una amplificazione di impulsi o futili riempimenti delle proprie insoddisfazioni. L’unica cosa che mi ha sempre realmente convito è che se la volontà non si connette ad alti valori e ad effetti utili con il maggiore numero di persone attorno a noi, allora questa non è realmente utile ma anzi alla lunga può essere addirittura dannosa. Le banche ogni tanto per risolvere qualche momento di difficoltà decidono di stampare del denaro, e sappiamo che quel denaro probabilmente non é collegato ad una economia reale, non crea reale ricchezza ma è un palliativo che risolve un problema temporaneo, possono magari avere fatto complicati calcoli matematici e grandi compromessi politici, ma in realtà stanno generando ulteriori problemi che prima o poi dovremo risolvere noi, o qualcuno dopo di noi. Quale volontà presiede quindi a questo tipo di scelta? La domanda rimane sempre inevasa ed ognuno ne può dare una propria interpretazione. Tornando a bomba sul tema della volontà invece è importante domandarsi quale cosa sia davvero necessaria, cosa sia imprescindibile, e quale sia la bussola alla quale ci si sta riferendo. Sbagliare anche solo di mezzo grado quando si parte per un cammino, alla lunga, può condurre molto lontano sia dal punto di partenza come anche dal proprio reale obbiettivo. La volontà quindi è il carburante che ci può permettere di andare lontano, di arrivare, di superare gli infiniti ostacoli che si presenteranno lungo il percorso, ci può premiare e soddisfare, ci può illudere e condannare, resta a noi la scelta sul cosa, come, quando lo si vuole. Ciò non basta, serve un orientamento, rimane fondamentale sapere cosa si vuole e perché lo si vuole, ed il satellitare potrebbe non funzionare. In questi anni ho incontrato molti imprenditori, la maggior parte di loro è molto motivata, spesso arrabbiata e con un forte senso di rivalsa personale, ciononostante pochi fra loro sanno davvero perché vogliono ottenere quanto si prefiggono, c’è ancora un senso vago di responsabilità che invece questo momento storico sta urlando nelle orecchie di tutti noi. E se non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire allora è necessario insegnare a sentire, ascoltare, dentro e fuori di se, domandandosi se ciò che si ambisce ha un respiro grande, se ci può condurre più lontano andando oltre ai piccoli e necessari traguardi che ognuno di noi può e deve raggiungere.

Mi occupo di consulenza strategica imprenditoriale, professionale e personale attraverso l’utilizzo di strumenti di conoscenza di se, del mercato così come del proprio potenziale sia personale che aziendale, chiedimi come….

Alessio Micheli

Krypto-chi?

“La kryptonite è una sostanza immaginaria dell’Universo DC. La sostanza minerale è generalmente indicata come frammento derivante dall’esplosione di Krypton, pianeta natale di Superman, per il quale può essere fatale o nocivo: assieme alla magia, infatti, costituisce l’unica debolezza dell’Uomo d’acciaio.” – Fonte Wikipedia

E quindi?…Just a second please…

Supponiamo che la moneta a corso legale, la cosiddetta “Moneta Fiat”, che per la maggior parte delle persone è una cosa ovvia, sia per un attimo un po’ come “i pomodori che crescono al supermercato” così come pensano i bambini ai quali non è stato ancora spiegato che in realtà quei pomodori vengono messi li, puliti ed ordinati, (si spera pure buoni, senza fare troppa strada e non modificati geneticamente ne saturi di pesticidi…ma andiamo oltre) e che prima di essere quindi presentati bellepronti, sono stati seminati e curati, probabilmente in una serra o in qualche piccolo orto biologico, una volta selezionati vengono dunque quotati definitivamente ed eccoli lì in bella mostra. Figuriamoci poi se dovessimo spingerci con la metafora fino alla passata di pomodoro ed al sugo preparato, sia esso neutro o combinato con una delle molteplici ricette sul mercato.

Ecco spiegato cosa è il Denaro, la Moneta, e quindi per “immediata deduzione” cosa sono le Cryptocurrency!! Vero??
È un po’ riduttivo – forse – …eppure, se ci pensate nessuno vi ha insegnato cosa è il denaro, pochissimi lo sanno, neppure io fino a sette anni fa mi ero realmente interessato a questa cosa finché non mi sono fatto una vera e profonda domanda che presupponeva una tremenda ammissione di ignoranza.

Era la notte di San Silvestro del 2011-2012 ed avevo deciso che quella notte avrei cambiato la mia vita, ogni tanto faccio queste scelte atipiche, e così nei giorni precedenti decisi di non festeggiare in modo mondano quel capodanno, ma di dedicare invece la notte a scegliere delle cose più importanti per il mio futuro, con la strana intenzione di imparare qualcosa di nuovo. Armato quindi in solitaria di un Ipad, una connessione internet e qualche birra come carburante feci l’alba sprofondato sul divano facendo una serie di ricerche on-line imbattendomi in alcuni video che spiegavano cosa è il denaro, da dove arriva, chi lo produce, chi decide tutto questo, come fanno a farlo, con quale autorità e con quali parametri…ecc ecc..insomma, ero diventato un po’ più grande e cavolaccio Babbo Natale non esisteva più!!

Tornando a ritroso nel tempo si va dal Baratto e poi alle monete di metallo, alla nascita delle banche commerciali, alle cedole di credito, alla istituzione delle riserve auree, alla rottura di questi patti di equilibrio, alla deregolamentazione dei sistemi di erogazione del credito, la conseguente esplosione della follia inflazionistica, degli interessi mai esistiti in termini di reale economia, fino alla recente digitalizzazione del sistema finanziario fino al crollo della Lehman Brothers (2008) il cui slogan è “Where Vision Gets Built” (Dove Nasce la Visione N.d.r), ecco spalmata sulla bruschetta del tempo tutta la storia del pomodoro/denaro da ingoiare in un sol boccone…ed un po’ ci lascia indigesti vero?

Eravamo partiti da Superman e siamo finiti su una bruschetta, già, ma almeno quella un po’ di verità la dona, a differenza delle fantasticherie che si sentono da lunghissimi decenni circa il Dollaro, la moneta occidentale da tempo simbolo del capitalismo, quel capitalismo che ha fatto un tonfo così grande da scatenare una serie di reazioni che probabilmente sono solo all’inizio di un reale nuovo periodo. Che grande occasione esserci e poter partecipare!
Ecco spiegata infine la questione, il Denaro, o se preferite il Dollaro, è il nostro Superman che fino ad ora l’ha sempre avuta vinta su tutto, era forte e giusto, imbattibile ed inarrestabile, sembrava calato dal cielo , inarrivabile e cammuffato per la convivenza nella vita comune quotidiana, ma ecco che dalle ceneri del crollo del sistema finanziario mondiale, quasi come un rigurgito primordiale, è arrivato un ostile antagonista: Il Bitcoin!
La prima cryptovaluta mondiale, partita da chissàdove, ma dagli intenti chiari sin da subito, proprio in questi mesi ha fatto capire il suo potere “distruttivo”, di certo per quel Super Dollaro che già aveva mostrato ad inizio secolo i primi grandi segnali di stanchezza.

Insomma, al momento la vulgata nei media del mainstream vuole che le criptovalute vengano considerate come un pericolo, per mia fortuna (scelta) non guardo del tutto la TV circa dal 2009, ed è una conquista di libertà. On-Line ciò che viene raccontato è già meglio, ci troviamo i due altari sia della piena informazione e della altrettanta disinformazione, oltre ai soliti approfittatori senza scrupoli, poiché il mezzo crea maggiore accesso ed ormai lo sappiamo.
La Cryptocurrency / La Blockchain sono un faro nella notte che stiamo attraversando, e diciamo pure se volete che ci dispiace per quel Superman che sta al vertice dell’evoluzione per come poteva andare, questo è però più il momento degli Spiderman, persone qualunque che partono dal basso, hanno i loro problemi, usano la rete e forse stanno in qualche modo evolvendo la specie, ibridandosi.

Copia e incolla il seguente link per conoscere i vantaggi del mondo delle cryptovalute:

https://cex.io/r/0/up134127753/0/

Mi occupo di educazione finanziaria, con uno sguardo rivolto alle anomalie del vecchio sistema e promuovo corsi per imparare a conoscere e gestire il nuovo che sta arrivando.
Chiedimi come….

Alessio Micheli

Il Sapere

Libri :

“100 cose che non sai sulla tua mente” di Surendra Verma
“Mito e Sugnificato” di Claude Lévi-Strauss
“Coscienza” di Pietro Perconti

Commento : Sapere i Corrispettivi del Sapere

Povero professionista, ma sopratutto povero consulente!
Questa figura professionale, che peraltro personalmente incarno da qualche tempo, è una professione che realmente, almeno qui in Italia, deve ancora “arrivare” definitivamente e deve conquistare il proprio spazio vitale, eppure così importante per gli anni a venire.

C’è una vecchia cultura che è immutata da troppo tempo, quella delle micro, nano e piccole imprese, spesso a conduzione familiare, e che sono la vera forza trainate del paese, ma iniziano solo ora, all’alba della consapevolezza “post crisi”, ad essere finalmente oneste con la realtà guardandola per quello che è, ovvero il forzato proseguo di un “percorso di cambiamento” continuo e mutevole.

Senza volere fare ora una seppure doverosa e lunga, lunghissima, considerazione circa la necessità estrema che hanno tutte queste imprese, e prima ancora tutte queste persone che fanno impresa, di consulenti e di consulenza;

Voglio raccontare una delle storie più interessanti riguardo alla relazione cliente-consulente, una storiella che trovo efficace, e confesso che ogni volta che ci penso o che la racconto, mi offre sempre un certo intimo godimento :

– Un tizio (cliente) si trova ad avere un problema col proprio personal computer e non riesce a risolverlo da solo, si tratta di un rumore infernale che presumibilmente arriva dalla ventola di raffreddamento, ma, per non rischiare di fare mosse azzardate e complicare ulteriormente la situazione non può fare altro che sfogliare un elenco di nomi e numeri, come ad esempio le pagine gialle, alla ricerca di un servizio di riparazione. Trovato così un professionista disponibile al pronto intervento, i due si accordano per il luogo e l’ora di incontro presso il recapito del cliente. Dopo circa quaranta minuti, suona il campanello ed ecco il professionista, il cliente soddisfatto della tempestività del servizio porta il professionista alla scrivania del computer in questione con la speranza che non sia nulla di grave poiché quel computer è di vitale importanza per la propria attività, oltre a non volere di certo perdere le preziose informazioni salvate sul pc, non ha nemmeno molto tempo per rimanere inattivo, dovendo di fatto consegnare un progetto nei giorni seguenti. Il professionista esamina il problema, apre la cassetta degli attrezzi ed estrae un cacciavite, il cliente inizia a preoccuparsi un po’, il professionista è serio, non fa trasparire nessuna emozione, si appresta a togliere la scocca esterna della macchina, la toglie, verifica ulteriormente la provenienza del rumore, non la spegne nemmeno, infila il cacciavite nella testa di un paio di viti, gira il cacciavite e …Zzzzz..zhzhzh…..hhh…hh.hh…h..il silenzio. Voilà, il problema è risolto!! Viene richiusa anche la scatola esterna. Ecco che si trattava solo di un allentamento delle viti del supporto della ventola. Il cliente, che era rimasto col fiato sospeso, riprende ossigeno, sorride, è soddisfatto ed offre un caffè al professionista che accetta ben volentieri. I due parlano del più e del meno, del tempo e del campionato di calcio, sorseggiano il caffè ed intanto ognuno dei due pensa già a quello che dovrà fare appena concluso quell’incontro con quel simpatico interlocutore. Finito il caffè il professionista prende nota dei dati del cliente e fa presente che invierà via posta nei giorni a venire la fattura al cliente per il servizio di pronto intervento, lascia una semplice ricevuta di uscita che viene controfirmata dal cliente e via, i due si salutano augurandosi un buon proseguimento di giornata pronti per rituffarsi ognuno nelle proprie attività. Dopo alcuni giorni il cliente riceve via posta come da accordi la fattura del professionista. Come tutti i clienti con l’occhio va immediatamente a leggere la scritta in basso a destra, quella relativa al costo totale finale, ed inaspettatamente ci trova scritto : “Totale Finale = 1.000€”!!! Il cliente é a dir poco furibondo, inizia a camminare su e giù per la stanza e, come un geko in una vasca di smarties, assume progressivamente i colori della bandiera nazionale, prima il bianco spavento, poi il rosso ingenuo ed in fine il verde rabbia, senza pensarci due volte chiama il professionista al cellulare, il quale come sempre risponde prontamente, e lo aggredisce senza pietà alcuna incalzandolo “lei è un truffatore!! come diavolo si permette di farmi una fattura da mille euro per un paio di viti, si vergogni!!! Le ho pure offerto un caffè è lei mi tratta in questo modo!??! Le faccio causa!!!”, lo spergiuro va avanti così per un paio di minuti, ed il professionista non risponde, attende di poter dire qualcosa, ma è solo quando si fa il silenzio che il cliente si ricompone un attimo e riprendendo di nuovo lui la parola con un atteggiamento un po’ meno sconclusionato si rivolge al professionista dicendo : ” mi scusi dello sfogo, ma davvero non capisco come lei possa fare una fattura per un intervento che sarà durato in tutto cinque minuti e che ha richiesto l’utilizzo di un banale cacciavite?!!?”, il professionista, capendo che finalmente può prendere parola replica in modo serafico domandando : ” ha letto le voci di costo?” Il cliente, un po’ confuso e disorientato dalla domanda e dai toni calmi del proprio interlocutore va presso la scrivania e prende nuovamente in mano la fattura che prima aveva lanciato lontano con un gesto secco, riparte a leggere dal basso, dal prezzo finale, e pensa fra se e se “caspita, il tono del professionista è così rilassato che non vorrei mai avere letto male, magari non ho visto la virgola, ma dai, sono uno stupido”…macché, il conto indica ancora 1.000€ !!, alza lo sguardo verso le voci di costo così come gli è stato appena suggerito, ed ecco la spiegazione :
Prima riga : Costo relativo ad intervento manuale con cacciavite = 1€
Seconda riga : Costo relativo al sapere quali viti girare = 999€ !!

Adoro questo finale, e voi ??
Di cosa sto parlando ?
Ovviamente del cosiddetto Know-How, ovvero il sapere, il sapere come fare, il prezzo del sapere ed il prezzo dello sforzo di procurarsi il sapere, del volerlo condividere, portando dei vantaggi ad altri.
Sono tutti e tre dei passaggi distinti e differenti, seppure legati, che ancora troppo spesso non vengono proprio considerati. Si danno per scontati.
Come la luce elettrica o l’acqua in una casa, ci sembra ovvio che debbano esserci poiché le cose funzionano così, eppure, anche questi sono dei servizi per i quali paghiamo delle cifre più o meno stabili, e alla lunga sempre più in rincaro.
Ma se facciamo qualche passo indietro a ricordare come sia potuto succedere che oggi sia davvero possibile, non lo dovremmo sottovalutare poiché sono passati in fondo davvero pochi anni dalla vita dei tanti Ragazzi della via Gluck.

C’è stato bisogno di un costo che qualcuno ha voluto affrontare, quel qualcuno che magari poteva e doveva decidere anche per noi, o chi prima di noi, ne vedeva i vantaggi, questo qualcuno ha dovuto sapere cosa e come fare, e gli è costato fatica, magari denaro che è stato guadagnato dalle proprie o dalle altrui fatiche, qualcuno ha dovuto viaggiare, studiare, provare ed inventare, ed una volta capito, ha voluto condividere tutto questo, non era scontato che accadesse, c’è stata una volontà, è stato chiesto ad altri di condividere un costo per condividere un vantaggio, il vantaggio che quel qualcuno ha visto prima poiché lo è andato ad incontrare quel vantaggio, ed il racconto di quanto aveva capito e confermato prima di tutto a se stesso, ha poi convinto qualcun altro che ciò poteva essere cosa utile, importante.
È andato tutto sempre bene? Neanche a parlarne! Si sono sempre fatti molti errori, e con quei molti errori si sono fatti i correttivi e si sono trovate le soluzioni, poiché ormai l’obbiettivo era stato fissato…

Anche oggi tutto questo, ed ancora di più tutto il resto, ha un costo.
Oggi migliorare e cambiare necessita di un nuovo sforzo, sappiamo già tutto e lo sappiamo un po’ male, sappiamo che si può cambiare, si, in teoria, sappiamo che si può sapere, anzi crediamo già di sapere.

Ricordo che molti anni fa in uno di quei discorsi tra giovani amici nei quali ci si chiede a vicenda “Tu, quale è la cosa che vorresti davvero?” la risposta di un amico presente fu “Vorrei sapere tutto e non dire niente a nessuno!”, rimasi davvero colpito ed un po’ urtato da quella dichiarazione (all’epoca non ero un consulente ne un imprenditore) tanto da ricordarmene ancora oggi.
Quell’amico aveva già capito il potere del sapere e non era disposto, una volta raggiuntolo, a condividerlo.
Quello che però questa persona non aveva forse capito di se stesso è che probabilmente sarebbe potuto diventare un ottimo commerciale, o magari un buon insegnante…già!, poiché un buon insegnante in realtà insegna una unica cosa : che il sapere bisogna conquistarselo e pagarlo a caro prezzo, non va regalato perché andrebbe sprecato e ce ne così poco da non poterselo e non potercelo permettere. A buon intenditor…

Alessio Micheli

Luce/Ombra

Libri : “Abolire la Propietà Intellettuale” di Michele Boldrin, David K. Levine

Web :

www.turinigroup.it
http://www.biblio.polimi.it/fileadmin/user_upload/Guide_SBA/Citazioni1.pdf
https://www.bfm.unito.it/sites/b081/files/allegatiparagrafo/05-05-2016/fonti_documentarie_e_citazioni.pdf
http://www.ilpost.it/?blog_post=perche-in-italia-non-citiamo-le-fonti
https://www.wikihow.it/Dimostrare-il-Furto-di-Proprietà-Intellettuale

Commento : Luce/Ombra

Inseparabili nella cosiddetta danza cosmica, le essenze rappresentate in luce ed ombra muovono ogni cosa. L’alternanza degli opposti e complementari, con ogni sfumatura dei propri sottoinsiemi, determinano e descrivono la trama e l’ordito del tessuto del nostro sapere, del nostro sentire e del nostro fare. Due sono in realtà Tre!

Luce significa ad esempio una Idea, mentre Ombra è la sua applicazione pratica, è l’estensione della prima e quindi ne decreta la morte, la prima idea cede il passo ad una nuova e forse migliore idea, alla sua evoluzione, spesso alla sua deturpazione e quindi alla sua distorsione.

Mai come in questo momento le idee hanno potuto circolare così rapidamente rimbalzando in ogni angolo del pianeta, mai prima d’ora gli inventori hanno dovuto difendersi così tanto, costretti nella logica schizofrenica del dover raccontare senza poter dire niente in mancanza di adeguate tutele.

Le idee sono una risorsa talmente necessaria che ritengo il furto di queste di maggiore responsabilità, in paragone ai beni materiali, e di necessaria attenzione per il presente ed il futuro.

In un mondo di “ingrati copioni”, di avidi ed ipocriti incapaci sfruttatori della proprietà intellettuale altrui, non ci resta che difendere le idee, nient’altro che quelle, il resto sarà solo una conseguenza della tutela di sani principi etici.

“Voce di un uno che grida nel deserto”, così recitano le sacre scritture riferendosi ai consigli inascoltati, un po’ come certe idee, certi progetti abbozzati e poi ignorati da tutti, ed infine abbandonati dagli stessi promotori di essi. Quanto spreco e quanta disattenzione!

Ciononostante, qualcuno è in ascolto, e,  fingendo di non sentire, prende senza chiedere, raccoglie nel buio della notte qualcosa che ha  visto di giorno mentendo a se stesso e ad altri di trovarsi lì per caso, e non vedendo proprietari applica in modo sommario la regola personale del “se nessuno lo sta custodendo allora è mio” …ecco il trend del mondo del business, dai tempi antichi fino ad oggi … fino al secondo millennio e per chi è rimasto invischiato nelle sue profonde radici. Ma questo nuovo millennio ha in realtà nella sua essenza una altro piglio, più capito dai nativi digitali e facendo uno spartiacque dai 25yearsolder, in Italia con una tolleranza fino ai 35-40…qui nel paese dei vegliardi, dai quali dobbiamo purtroppo difenderci, sia da quelli esteriori ma ancora di più da quelli interiori : il vecchio punto di vista, dei “si fa così” ed i “è impossibile” ecc ecc.

Ciò che manca ai disperati fuori corso è l’avere capito che, un conto è attivare la creatività ed orientarsi all’innovazione,  tutt’altraltra cosa è invece prendere una buona idea senza pagarne il prezzo, escludendo a priori chi l’ha generata, ed ancora prima chiedere il permesso di poterla utilizzare. Ciò equivale al trovare un aereo nel parcheggio sotto casa, e con un vecchio modus arrogante, dettato forse dalla necessità di una sperduta autostima, e generare una riduzione psicologica di pensiero più o meno di questo tipo :

“è proprio qui, che fortuna/qui non c’è nessuno/ sono anni che guido moto ed auto/posso viaggiare ancora più veloce/ci salgo e provo finalmente a volare”

Abbiamo detto spesso che era il tempo della sharing economy, ma in realtà intendevamo forse la business sharing ecnomy, e cionostante non ne vedevano il reale orizzonte che ci viene incontro ma non lo abbiamo ancora compreso davvero.

Il mondo sta crescendo, i giovani stanno aspettando, non vederli è il nostro errore, guardare meglio è la nostra grande possibilità. La rinuncia è la nuova frontiera. Citiamo le fonti, faremo senz’altro una più bella figura 🙂

”E il mio Maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”  – Franco Battiato

Alessio Micheli